** Micah White, uno dei fondatori del movimento che ha bloccato New York, tira le somme: «Si è trattato di un fallimento costruttivo. La retorica dei movimenti va cambiata: deve puntare a governare» di Nicola Grolla **
Un'onda lunga, quella che nel 2011 arrivò fino a New York. A Zuccotti Park, poche decine di metri da dove si trova il toro di bronzo simbolo del distretto finanziario, prese vita una manifestazione di massa contro capitalismo, disparità economiche e sociali, corruzione e lobby finanziarie. L'idea, messa in pratica da un gruppo di attivisti cittadini, prendeva spunto dal messaggio rivolto da un giovane editore canadese ai lettori della rivista Adbusters. In breve tempo, l'area di fronte alla Borsa di New York cominciò a popolarsi di tende, sacchi a pelo, manifestanti, curiosi e forze di polizia. Al grido di «Siamo il 99%», gli attivisti diedero vita a Occupy Wall Street, un esperimento di partecipazione diretta che per un mese occupò le prime pagine dei giornali e scosse le fondamenta della democrazia rappresentativa: niente leader, votazioni su ogni cosa, diritto di parola universale e così via. A cinque anni di distanza, il bilancio di quell'esperienza tocca al suo ispiratore: Micah M. White.
Occupy Wall Street a settembre festeggerà il suo quinto anniversario. Come è nato questo movimento?
Per capire le origini di Occupy Wall Street, si deve tornare al magico 2011, quando una serie di risvegli rivoluzionari sorpresero il mondo. L'onda di malcontento iniziò in Tunisia, quando Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante, si diede fuoco per protestare contro l'ingiusto trattamento riservatogli da un agente di polizia. Questo atto di immolazione politica liberò la rabbia delle persone contro i regimi autoritari. Le proteste si diffusero velocemente nel mondo arabo. In Egitto, il popolo occupò Piazza Tahrir e forzò Hosni Mubarak a dimettersi. Dopodiché, il malcontento si estese alla Spagna dove il movimento 15M organizzò delle assemblee generali nelle piazze delle città. A quel tempo io lavoravo al magazine Adbusters, una pubblicazione canadese che trattava i temi dell'attivismo e dell'anti-consumismo. Eravamo tutti profondamente inspirati da quello che stava succedendo. Così decidemmo di scrivere un "manuale tattico" per i nostri lettori: se avessimo saputo combinare le tattiche utilizzate in Piazza Tahrir e quelle del movimento 15M, avremmo potuto portare la rivoluzione in America e oltre. Così chiamammo le persone a occupare Wall Street per terminare l'influenza del capitale sulle nostre democrazie. Dopo 24 ore dall'invio di questo "manuale tattico", l'idea di Occupy fu messa in pratica dagli attivisti di New York che cominciarono a pianificare l'evento.
Perché, secondo lei, un movimento come Occupy Wall Street non è stato avviato o supportato da nessun partito politico?
Occupy Wall Street è stato uno dei più grandi movimenti sociali della storia americana e non sarebbe mai iniziato senza il magazine canadese Adbusters. Il fatto è che l'establishment dell'attivismo americano, le ong e i gruppi mainstream, non avrebbero mai osato dare vita a una cosa simile. Il movimento era troppo caotico, pericoloso e destrutturato. Insomma, troppo rivoluzionario. Solo dopo che Occupy divenne un fenomeno celebrato le forze "istituzionali" cominciarono a saltare sul carro del vincitore. Quindi la risposta più semplice al perché Occupy non fu supportato da alcun partito politico è che le forze politiche mainstream in America avversano il rischio: sono diventate parte dell'opposizione leale. Possono usare la retorica della rivoluzione ma non la desiderano affatto.
Nei suoi discorsi post-Occupy e nel suo ultimo libro The end of protest: a new playbook for revolution ha affermato che il movimento si risolse in un fallimento costruttivo. Perché?
L'attivismo contemporaneo sta attraversando una crisi paradigmatica. La teoria dominante del cambiamento sociale che guida tutte le proteste non è efficace. Oggi lo sappiamo grazie a quanto è avvenuto negli ultimi due decenni: dai movimenti anti-globalizzazione a quelli anti-guerra in Iraq passando per le Primavere Arabe, Idle No More, Black Lives Matter, ecc. Tutti hanno fallito nel raggiungere gli obiettivi di cambiamento sociale che desideravano. Qualsiasi cosa a cui le persone si sono opposte è accaduta comunque. Le élites arricchite di ieri sono ancora al potere oggi. Le disparità economiche sono aumentate. La democrazia continua in suo declino. Gli inverni non sono mai stati così caldi. I rituali della protesta che continuiamo a ripetere potevano funzionare per la generazione precedente ma il regime oppressivo è evoluto and queste tattiche nostalgiche non funzionano più. Questa è la fine della protesta. Occupy Wall Street in questo senso fu un dono per gli attivisti a livello globale. Ci ha insegnato che le attuali forme di protesta si sono rotte. Per decenni, gli attivisti delle democrazie occidentali hanno ritenuto che bastasse radunare milioni di persone per le strade affinché i rappresentanti politici ascoltassero le loro richieste. Per lungo tempo quindi i nostri sforzi come attivisti si sono concentrati nell'organizzare manifestazioni di massa. E con Occupy Wall Street ci siamo effettivamente riusciti: la protesta si allargò a 82 Paesi e diede vita a quasi mille "accampamenti". Eppure il cambiamento sociale non si verificò. Da questo punto di vista fu un fallimento costruttivo: non riuscì a raggiungere i propri obiettivi rivoluzionari. Tutto questo ci fece capire che le teoria dominante sottesa ai movimenti di protesta non era abbastanza. Ora bisogna innovare.
Di base, i movimenti di protesta nascono e prendono forza puntando il dito contro l'esclusione delle persone, della loro voce, dalle istituzioni democratiche. Ma per superare i limiti di questi movimenti lei afferma che gli stessi non dovrebbero accontentarsi di diffondere i propri messaggi e aumentare la consapevolezza su determinati temi. Piuttosto, dovrebbero impegnarsi direttamente all'interno delle istituzioni democratiche. Non è questo un cortocircuito? Un paradosso?
L'obiettivo dell'attivista è ottenere la sovranità. Per anni, chi promuoveva le manifestazioni ha creduto che le persone potessero farlo momentaneamente attraverso l'influenza che le proteste esercitavano sui rappresentanti politici. Falso. Ora gli attivisti hanno tre possibilità per conquistare la sovranità: continuare a protestare, vincere le guerre o vincere le elezioni. Tuttavia, come detto, la logica della protesta si è rotta. Le guerre sono cattive. E quindi rimane una sola soluzione: vincere le elezioni. Mi piacerebbe vedere la prossima generazione di attivisti che addestra e prepara i partecipanti delle proteste a questo difficile compito. Piuttosto che entrare nel sistema politico, dobbiamo catturarlo. L'obiettivo ultimo dovrebbe essere un movimento sociale che può vincere le elezioni in diversi Paesi al fine di portare avanti un'agenda geopolitica condivisa.
Cosa pensa del Movimento 5 Stelle e della piattaforma Rousseau? Non c'è forse il rischio di sostituire un'autorità riconosciuta e consolidata (come il partito, il governo, il consiglio comunale, ecc.) con un algoritmo?
Sono insipirato dal Movimento 5 Stelle. Ho avuto l'onore di incontrare Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio e penso ci sia molto da imparare da quello che sono riusciti a realizzare. Penso che il Movimento 5 Stelle stia affrontando la più urgente e difficile domanda del nostro tempo: come organizziamo dei movimenti sociali capaci di prendere decisioni complesse e governare le città. Sono molto interessato al funzionamento di Rousseau e alla possibilità di applicare il suo funzionamento ad altri contesti nazionali.
Nonostante le sue posizioni e le sue esternazioni controverse, Donald Trump correrà per le Presidenziali di novembre. L'emergere di politici come lui è un fallimento o meno della democrazia?
Trump, come pure Bernie Sanders, rappresenta un sintomo di Occupy Wall Street. Entrambi esistono perché le persone chiedono disperatamente un cambiamento sociale. Senza altre alternative, gli elettori sono tornati ad affidare le proprie speranze in leader forti e carismatici. La verità è che da entrambe le parti, l'enfasi su Sanders e Trump mette in luce una regressione politica negativa. Dobbiamo ricordarci che noi, il popolo come movimento sociale, abbiamo creato Occupy Wall Street. Non abbiamo bisogno di questi Trump e Sanders, ma di capire come costruire un movimento che vinca le elezioni.
Ma com'è possobile farlo su una base orizzontale, senza riconoscere una leadership?
L'esperienza del XX secolo - da Mussolini a Mao passando per Stalin - ci ha insegnato che riporre le nostre speranze in un singolo leader alla fine ci porta a un pericoloso punto morto. Quindi sappiamo che dobbiamo sviluppare una sorta di sistema orizzontalista e senza leader capace di governare il mondo. Anche se non sappiamo come farlo. La triste verità è che le assemblee basate sul consenso sperimentate durante Occupy sono erano incapaci di prendere decisioni complesse. Sono state un fallimento. Ora abbiamo bisogno di nuove e vie innovative di organizzare il potere orizzontalmente. Un tema su cui mi sembra stia lavorando il Movimento 5 Stelle e, chissà, la soluzione potrebbe venire proprio dall'Italia. Oppure da Podemos, in Spagna. O ancora da qualche altra parte. Insomma, continuiamo a cercare finché non troveremo una strada per andare avanti.
In ogni caso, nel 2014, Esquire Magazine l'ha nominata come uno dei più influenti under 35 al mondo. Si ritiene un leader?
I veri leader sono le idee, non gli individui. Il mio obiettivo, come un attivista è creare idee contagiose e nuove tattiche per diffondere la rivoluzione.
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