Farsi allungare i capelli, non è propriamente una pratica veloce. Evidentemente, perciò, l’ottimismo di Luca non aveva ottenuto i riscontri sperati.
Rimettere su la band stava richiedendo più tempo del previsto, parecchio di più.
Ne era passato così tanto, che mio fratello aveva deciso di sposarsi, aveva organizzato il matrimonio, ed eravamo ormai prossimi alla data.
Dopo aver allietato i matrimoni di mezza provincia, ora toccava a lui, e l’intrattenimento musicale sarebbe stato a cura della nuova premiata coppia Luca&Luca.
Ma, un avvenimento del genere, meritava ben più di una semplice performance il giorno delle nozze. Ci voleva qualcosa di più grandioso e spettacolare: una serenata, ad esempio.
Avendo dispensato in passato favori a destra e a manca, decisi di utilizzare quell’occasione per riaverne qualcuno indietro, e organizzare un delicatissimo e sobrissimo rendez-vous musicale a notte fonda.
Chiamai a raccolta la banda al completo, tutti i miei compagni di classe, il vicinato, e chiunque avesse potuto e voluto tenere oggetti rumorosi fra le mani.
Parteciparono tutti, sia perché di suo è una cosa divertente, ma soprattutto perché da prassi, immediatamente dopo la performance musical-canora, ci si fionda su cibarie e bevande offerte dalle famiglie degli sposi. Si mangia e beve gratis a oltranza.
L’organizzazione fu impeccabile, l’esecuzione deprecabile.
- I miei compagni arrivarono già ubriachi. Sapendo che avrebbero dovuto bere successivamente, decisero che era meglio portarsi avanti col lavoro.
- Quelli della banda, sapevano suonare solo le marce, e quelle proposero.
- Tutti gli altri, alcuni pseudo-musicisti, alcuni alle prese per la prima volta con qualcosa che emettesse un suono, provarono ad eseguire canzoni più adatte all’occasione, ma affidandosi completamente all’improvvisazione (me compreso).
Chi conosceva meglio anche solo un pezzo, di una qualunque canzone, partiva. Gli altri seguivano, come potevano.
Fu terribile, ma terribilmente divertente. Mai si era vista una cosa del genere (e per fortuna, direi, non si è mai più ripetuta).
Una processione di gente.
E un cospicuo numero di professionisti, dalle idee chiare.
I video sono tagliati a caso e di netto, tanto non esiste una parte migliore o peggiore.
Fabio, rimase un attimo disorientato da tutta quella baraonda.
Il fatto che, immediatamente dopo l’inizio della nostra performance, si accese la luce in camera della futura sposa, risultò una cosa emozionante.
Il fatto che, da quella finestra si affacciò la nonna, rese tutto surreale.
E surrealmente proseguì.
La banda, i miei amici, e poi strumenti che venivano scambiati, chi suonava la chitarra quella sera volle provare a suonare la tromba, il mio amico alla grancassa (Matteo!) pensava che stessimo facendo power-metal, e poi questo tamburello, fuori tempo e fuori campo, in sottofondo, che da venti anni non si sa chi fosse.
Sarebbe dovuta essere una cosa intima, romantica, si tramutò invece in un rocambolesco festival della libera espressione artistica. Ad oggi sarebbe considerata una performance innovativa.
Magari ci siamo discostati giusto un minimo dal risultato che si sarebbe dovuto ottenere, ma ci divertimmo molto di più. Tutti.
Nell’attesa che il gruppo riprendesse forma - dicevamo - io e Luca ci dedicammo a un po' di piano bar o qualche cerimonia: faceva comodo a entrambi.
In queste interminabili occasioni, indossati ormai i panni del cantante, affinai la mia tecnica come intrattenitore.
Presi confidenza con il microfono e con il pubblico. E scoprimmo il capodanno.
Avevo sempre odiato, come gran parte delle persone, il capodanno.
Quella necessità di dover fare per forza qualcosa, di doverla organizzare mesi prima, per poi ridursi a decidere venti minuti prima di uscire.
Trovarsi all’interno di un anonimo ristorante, che per una sera si trasforma in discoteca, e ti chiede una cifra folle come ingresso, non piace a nessuno, ma lo fanno tutti.
Lo facevo anche io, ovviamente, perché da adolescente, non è socialmente accettato non fare nulla a capodanno. E’ anche il mio compleanno, se proprio vogliamo dirla tutta.
Con Luca, però, si presentò per la prima volta l’occasione di lavorare a capodanno.
Un duo fisarmonica e sax, non aveva grandi richieste per serate così trasgressive.
Un tastierista e un cantante, invece, erano tutta un'altra storia e un'altra poliedria.
Suonare a capodanno, pro:
- non bisogna sbattersi per decidere dove andare
- cenone gratis
- cachet quintuplicato
- intrattenimento assicurato
Suonare a capodanno, contro:
- non stai con gli amici.
Chissenefrega! Andiamo a suonare!
E fu in quel primo capodanno lavorativo che scoprii come si tratta con il pubblico, stando al di qua del palco (o dell’angolino riservato), per un numero imprecisato di ore.
Il pubblico vuole divertirsi, vuole ballare, vuole spogliarsi dei panni di rigore che indossa quotidianamente, poco importa se si scade in situazioni che rasentano il ridicolo. Gli serve solo un piccolo input, un esempio da seguire.
E chi lo doveva dare quest'esempio?
Ero il cantante, il punto di riferimento degli ospiti di quel ristorante, nella loro serata più importante nell’arco dell’anno, e in più era il mio compleanno.
A mezzanotte loro erano ubriachi, ed io praticamente pure. Cantavo ridendo, e dicevo una marea di stronzate. A ridosso del countdown, dei famosi dieci secondi, urlavo “dieci, nove, otto..” al microfono come un venditore ambulante, e Luca fece partire il classico Samba-mix , pezzi che tutti conoscono, ma di cui nessuno conosce il nome. E cantando “A E I O U, ipsilon” mi misi a capo di un trenino che invase la sala.
Da quel momento gli ospiti si sciolsero, io mi sciolsi ancor di più, e tra un bicchiere e un brindisi, un brindisi e un bicchiere, si fecero le quattro del mattino senza superstiti.
Bilancio della serata: avevo guadagnato tantissimo, avevo mangiato e bevuto, mi ero divertito come non mai in vita mia, e grazie a me si erano divertiti anche Luca e tutti gli altri ospiti.
Volevo fare il cantante, nient’altro. Era deciso.
Più consapevoli dei nostri mezzi, e con me sempre più spavaldo, cercammo di rimettere in piedi i pezzi dei Luxurya.
Il difficile non era tanto trovare qualcuno che suonasse lo strumento che ci serviva, il famoso primo passaggio del sillogismo, ma trovarne tre tutti insieme.
Nell'arco di un anno, o forse più, incontrammo, provammo, e con alcuni collaborammo per un po', un numero esiguo di musicisti, ma dalle caratteristiche scoraggianti.
- Venne un bassista pelato, ma con i capelli lunghi. Quelle cose che si vedevano negli anni settanta, sapete. Di quelli che non hanno accettato l’alopecia, e si lasciano crescere le basette fino al sedere, perché “già ne ho pochi, non li posso anche tagliare”.
La sua tecnica era pure buona, aveva un’ottima strumentazione e buone intenzioni, perciò avremmo dovuto trovare in fretta un batterista adeguato.
Ne provammo tre, nello specifico.
Il primo, molto più grande di noi, si era appena separato dalla moglie.
L’aveva cacciato di casa (sua) e gli aveva restituito solo la batteria, che teneva smontata in garage. Da quel momento, decise di iniziare a suonarla.
Non andava a tempo, ovviamente, e suonava solo canzoni molto semplici.
Provammo tre o quattro volte, per accanimento terapeutico. Ci saremmo presi anche un paralitico per quanto fosse la voglia di suonare, ma a un certo punto prevalse il buongusto. Via.Il secondo, era il commesso del negozio dove compravo abitualmente i miei vestiti.
Venne a provare, e subito dopo essersi seduto sullo sgabello, indossò dei guanti. Dei guanti.
Disse che erano specifici da batterista, per aumentare il grip e il controllo sulle bacchette. A me sembravano guanti da palestra, dei normalissimi guanti da palestra con le dita tagliate.
Non andava a tempo, ovviamente, ed era peggiore di quello precedente. Anche con lui, tanta era la bramosia, provammo un po’ di volte, ma non era cosa. Via.Il terzo, era più giovane di noi. Aveva appena iniziato a suonare, utilizzava solo le mani e la gamba destra. La sinistra, che serve prevalentemente per aprire e chiudere il “charleston” (i piatti l’uno sull’altro), non la sapeva usare.
Non andava a tempo, ovviamente.
Ma eravamo ormai alla frutta, poveri di alternative. Insieme a lui, sarebbe venuto a suonare anche un chitarrista, molto giovane. Seppure in una condizione imbarazzante, avremmo avuto la band, e magari in prospettiva qualche speranza di crescita.
Macchè.
Fu un disastro. Il bassista mollò, e noi mettemmo alla porta i giovani. Punto di partenza.
Continuammo la ricerca e a far girare la voce, e tra casi più o meno umani, conoscemmo Manuel.
Era un insegnante di chitarra elettrica, poco più grande di noi, ma molto molto bravo. Arrivava alle prove con il fiatone e mai preparato, perché durante la settimana lui era uno che aveva da fare. Il fatto che fosse competente col suo strumento, gli permetteva però di improvvisare e non risultare incapace.
Ma soprattutto, fu quello che un giorno pronunciò la frase insperata: “il bassista ce l’ho io”.
E portò questo Marco.
Marco, subito dopo averci conosciuto disse, a sua volta: “ma non c’è problema, il batterista ce l’ho io”, e convocò Mariano.
Al nome Mariano, io ebbi un sussulto. Lo conoscevo bene, era una giovane promessa del mio paese, corteggiatissimo da tutti, e stracarico di impegni.
“Ma Mariano non verrà mai a suonare con noi” – dissi a Marco
“Se glielo chiedo io, si” – Rispose.
Il fine settimana successivo, ci trovammo a provare per la prima volta.
Wow.
Mariano era un batterista fenomenale, ma soprattutto andava a tempo!
Marco era un fan dei Dream Theater, gruppo che io avevo iniziato a seguire da poco, e che mi aveva letteralmente stregato.
Manuel, con quella base ritmica, sembrò molto più immerso nella nostra band.
E iniziammo a definire quella band, progetto.
Cambiammo nome, Luxurya sembrava inappropriato e Vladimir iniziava ad essere più famoso di noi. Optammo per Blitz!, col punto esclamativo.
Le cose giravano una meraviglia, ogni settimana portavamo a repertorio cinque o sei brani, e in breve tempo arrivarono le prime richieste dai pub di zona.
Facemmo qualche concerto, abbandonando la concezione dei quaranta minuti sufficienti per portare a casa un’esibizione.
Le capacità, il saper modulare una serata in base alle esigenze del pubblico, e la mia crescente capacità come frontman, con la solidità che avevo alle spalle, ci portarono ad avere scalette che sfioravano le tre ore.
Potevamo proporci seriamente in giro e cercare un agente. Ci serviva solo un CD demo.
Avremmo registrato una decina di brani su cd. Niente di troppo professionale per via di un budget a disposizione da versare integralmente di tasca nostra, ma che avesse potuto racchiudere un pochino la nostra essenza, e ci avrebbe permesso di ampliare il nostro giro di live club.
Un tecnico della zona, con uno studio di registrazione casalingo, ci fece un prezzo accettabile, e ci propose un’esecuzione in presa diretta, con post-produzione e incisione voce successiva.
Tecnicamente, avremmo registrato un live, ma con ogni strumento posizionato in una stanza diversa, linkato in cuffia con gli altri. Lui, in sala di regia, avrebbe acquisito tutto su tracce separate, e regolato successivamente volumi ed effetti. Avremmo registrato la voce il giorno successivo, una volta che la base fosse stata messa a punto.
La comodità di questo tipo di registrazione, era la velocità con cui avremmo ottenuto il prodotto finale, e il costo relativamente contenuto.
Suonando tutti contemporaneamente, avremmo ripetuto la scaletta quattro-cinque volte, e per ognuno si sarebbe scelta l’esecuzione migliore, messe insieme avrebbero dato il prodotto definitivo.
Il dispositivo di registrazione, analogico, si chiamava DAT, e ai nostri occhi era un semplice videoregistratore, con tanto di videocassette, che andavano sostituite ogni tot minuti, a causa della limitata capacità del nastro.
Ovviamente non erano ammessi errori. Se ce ne fossero stati, sarebbero finiti sul disco.
Era un compromesso accettabile, ad un costo che ci potevamo permettere. Era il 2001 ed avevamo perso fin troppo tempo, era ora di fare un passo in avanti verso il successo.
L’appuntamento, era a casa del nostro tecnico, martedi 11 Settembre alle ore 10.
Puntualissimi, iniziammo la nostra avventura in studio di registrazione.
Il tecnico posizionò ognuno di noi nella propria stanza, regolò strumenti, volumi, volumi in cuffia, e facemmo lunghissime prove, per scaldare mani e strumenti.
Verso le 16, iniziò la sessione di registrazione vera e propria: 10 canzoni, suonate in sequenza, per quattro volte. Avremmo fatto una pausa dopo le prime due esecuzioni, ma da quel momento il silenzio sarebbe dovuto essere religioso, perchè qualsiasi rumore sarebbe andato a finire sul disco. Ci estraniammo.
Eseguita la scaletta per due volte, facemmo la pausa. Ognuno di noi uscì dalla propria stanza e si recò nella sala di regia. Erano circa le 18.
Il tecnico, era immobile, con la sigaretta totalmente consumata tra le labbra, e la cenere che aveva invaso tutto il mixer. Gli occhi erano spalancati, nell'osservare le immagini provenienti da un televisore Mivar quattordici pollici, a tubo catodico.
Degli aerei si stavano schiantando sulle Torri Gemelle, dando inizio all’era del terrore.
Noi, che facemmo il primo passo in quella stanza carichi di entusiasmo, rimanemmo altrettanto allibiti da ciò che i nostri occhi videro, e rimanemmo in silenzio ad osservare, insieme al tecnico.
La videocassetta nel DAT era finita da un pezzo, ma con quell’orrore davanti agli occhi, non pensammo certo di continuare oltre: ci saremmo fatti bastare le esecuzioni fatte.
Ci vedemmo qualche giorno dopo, per registrare la voce, e il tecnico mi mise davanti a quello che avevamo: la cassetta era riuscita a contenere solo cinque brani, e di un’unica esecuzione: la prima, la peggiore.
Bisognava solo cantarci sopra. Quel che era, sarebbe rimasto.
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Alla nonna che si affaccia sul balcone ho riso per mezz'ora! Però bella idea quella della serenata sconquassata al fratello!
Quindi sei nato il 31...lo terrò a mente...
Il finale del post fa ancora gelare il sangue, nonostante siano passati 17 anni, non dimenticherò mai quel pomeriggio, lo ricordo come fosse ieri...
Bel post @suryavoice
Ma si, ironizziamo anche nella tragedia dai.
La nonna....si affacciò la nonna, ti rendi conto???
😂😂😂
Grazie @bariski
La scena della nonna è epica, da applauso. Avrei voluto vedere le vostre facce 😂😂
Beh si il capodanno in genere è una di quelle occasioni che si organizza mille anni prima perché ci si deve divertire per forza ed è la serata dove ci si annoia di più! Quindi sicuramente è meglio andare a suonare, almeno diventa una serata produttiva!
Ma torniamo a noi. Mi piace il nuovo nome, sisi💪
Ps l’attentato maledetto, penso che quelle immagini non ce le dimenticheremo più.
Sarebbe da scriverci un libro con tutte le scene epiche....Ah......
Capodanno, immagino che tu abbia mandato avanti l'orologio...
quelle sono cose da maestri! solo un maestro può fare una cosa del genere. Io mi limitai a cantare A E I O U ipsilon al meglio delle mie capacità.
Ricordavo che sei nato il 31. Vedi, almeno fai doppia festa 😂 comunque veramente, la nonna è il top!
Sono curiosa di leggere il seguito! Bravo caro!!
Già, sono capricornus :) chissà cosa altro mi inventerò..