Si avvicina ad ampie falcate il giorno in cui avremo, finalmente, delle risposte sul tanto atteso vaccino contro il SARS-CoV-2. Risposte, appunto… Ma non necessariamente soluzioni. Perché ad oggi non abbiamo assolutamente la certezza che una prima infezione ci renda immuni nei confronti di una seconda e, se anche così dovesse essere, non abbiamo idea di quanto possa durare l’immunità acquisita. La risposta che avremo dai test, però, è comunque di fondamentale importanza, perché ci permetterà di conoscere un po’ meglio il nostro attuale nemico, e ci darà la possibilità di renderci conto se perseguire la strada del vaccino, o investire energie e risorse altrove.
Con l’approssimarsi di questo momento, però, aumentando esponenzialmente anche le discussioni sul tema. Discussioni che, è bene sottolinearlo, non sempre sono “sane”. Tra le grida scomposte dei no-vax e le ridicole teorie dei tanti laureati presso l’università della strada, infatti, le poche, pochissime, certezze che abbiamo vengono annacquate nella discussione pubblica da una marea di fandonie.
Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza…
Spike Protein
Una delle argomentazioni più comuni tra le persone contrarie al vaccino è che il SARS-CoV-2 sarebbe un virus con elevati tassi di mutazione e che, per questo motivo, il vaccino sarebbe inutile. Ma cosa significa davvero che un virus muta?
Iniziamo col dire che tutti i virus mutano; qualcuno più, qualcuno meno. Ma l’elevata mutabilità è una delle caratteristiche intrinseche di questi “organismi”. Non solo, è proprio l’elemento che ne garantisce un così alto successo evolutivo. I virus, infatti, così come tanti altri organismi, non possono compiere grandi spostamenti o adottare particolari strategie di sopravvivenza, ma vengono più che altro spostati qua e là dai loro ospiti. Per questo motivo essi si trovano ad attraversare diversi “ambienti”, non necessariamente uguali tra loro, e la possibilità di mutare così facilmente garantisce ad ogni particella virale una certa probabilità che almeno una parte delle sue copie riescano a sopravvivere.
Facciamo un esempio. Ipotizziamo che un virus si stia diffondendo all’interno di una determinata popolazione animale, come delle gazzelle, portandola progressivamente alla scomparsa. Un virus incapace di mutare finirebbe con l’estinguersi insieme al suo ospite. Ma ecco che un virus mutevole, invece, potrebbe casualmente guadagnare la capacità di infettare anche dei leoni, trasmettendosi durante l’atto della predazione. Questa mutazione garantirebbe alla particella virale (virione) interessata la possibilità di non estinguersi nella popolazione di gazzelle, e di continuare la sua corsa all’interno della popolazione di leoni.
Ma perché i virus mutano?
I virus mutano così facilmente grazie al loro peculiare meccanismo di replicazione. Ogni virione è in grado di produrre tantissime altre particelle virale, e deve farlo velocemente. Gli enzimi che mediano la replicazione del suo genoma, quindi, agiscono in fretta e senza “controllare” che ogni parte dell’informazione sia trasmessa e tradotta correttamente. Nel peggiore dei casi, infatti, una mutazione causerà una loss of function, o perdita di funzione, generando dei virioni non funzionanti, che verranno comunque sostituiti da tutti gli altri prodotti correttamente e in gran numero. L’infezione non rischia comunque di arrestarsi. Nel migliore dei casi, invece, ci sarà una **gain of function”, o guadagno di funzione, che conferirà alla particella mutata un qualche vantaggio di tipo evolutivo, rendendola “migliore” della particella di provenienza. Questo porterà alla creazione di un nuovo ceppo virale che, a seconda dei casi, potrà convivere con il ceppo precedente o sostituirlo in toto.
Gli organismi più complessi, come l’essere umano, sono dotati di meccanismi di trascrizione e duplicazione del DNA molto più sofisticati. Un errore nella duplicazione può avere conseguenze catastrofiche come un tumore, e l’evoluzione ci ha quindi permesso di sviluppare efficientissimi meccanismi di riparazione.
Ma se un virus muta, i farmaci e i vaccini smettono di funzionare…
Assolutamente no! Il genoma di un virus può essere composto da decine di migliaia di basi. Il SARS-CoV-2, per esempio, è costituito da circa 30000 basi, e le mutazioni interessano una parte piccolissima di questa lunga sequenza. Molto spesso una sola base!
Nella maggior parte dei casi, inoltre, le mutazioni interessano porzioni di genoma dette non codificanti, ossia parti che hanno più che altro una funzione strutturale, ma che non si traducono in qualcosa di fisico nella particella virale. Questo perché la maggior parte delle mutazioni, in qualsiasi essere vivente, hanno un effetto negativo e portano al non funzionamento della nuova entità; mutazioni in zone importanti, quindi, si traducono quasi sempre nella morte della cellula o del virus. Le mutazioni in zone non codificanti non causano invece nessuna differenza nel nuovo virus.
Altre mutazioni sono invece dette silenti: sequenze leggermente diverse possono codificare per un prodotto uguale e quindi, pur mutando una base, il prodotto non cambia. L’amminoacido alanina, per esempio, è codificato da ben quattro triplette diverse: GCU, GCC, GCA, GCG; la tripletta è sempre formata da guanina e citosina, ma indipendentemente dalla presenza nell’ultima posizione di un uracile, di una citosina, di un’adenina o di una guanina, il prodotto non cambia. Ciò significa che una mutazione in questa posizione non causerà nessuna modificazione.
Esistono poi mutazioni più “importanti”, che riescono effettivamente a modificare il comportamento del virus. Queste mutazioni sono però molto molto rare, e anche qualora dovessero avvenire non è detto che rendano inutile un farmaco o un vaccino. Ipotizziamo allora una mutazione del SARS-CoV-2 a livello della spike protein, ossia il recettore che gli permette di infettare le nostre cellule. Ci troviamo davanti a due possibilità: cambiando il recettore il virus potrebbe perdere la capacità di infettarci, ma in questo caso non verrebbe selezionato positivamente dall’evoluzione, e il ceppo primordiale avrebbe la meglio. Oppure potrebbe “migliorare” e legarsi ancora più saldamente, infettandoci più facilmente. A questo punto, però, il nostro sistema immunitario continuerebbe verosimilmente a riconoscerlo, perché l’interazione tra anticorpi e virus si basa soprattutto su elementi di tipo conformazionale. E finché la spike protein continuerà ad avere una forma in grado di legarsi ai nostri recettori ACE2, verosimilmente i nostri anticorpi continueranno a riconoscere tale struttura, anche se in modo leggermente diverso. Credere che una piccola mutazione basti a sconfiggere il nostro sistema immunitario significa non avere idea di quanto magnifico e complesso esso sia.
E se il vaccino fosse diretto contra una parte del virus che muta?
Può accadere, è ovvio. Ma sono allo studio diversi tipi di vaccino, ciascuno con un funzionamento e dei target diversi; i ricercatori non sono degli sprovveduti. Ad ogni modo, abbiamo ormai capito quali sono le parti del virus che mutano più facilmente, ed è logico pensare che chi sta producendo un vaccino lo faccia “mirando” alle zone più stabili del virus.
Inoltre, questo discorso è una grande semplificazione di come davvero funziona un vaccino. Se volessimo essere precisi, dovremmo infatti dire che i vaccini tendono ad attivare il nostro sistema immunitario simulando un’infezione; questo porta alla creazione di diversi anticorpi, tra cui quelli della memoria, che ci permettono in caso di una seconda infezione di reagire in modo più veloce, limitando al minimo gli effetti del virus. Il vaccino, quindi, non ha come target vero e proprio il virus, ma piuttosto è lui ad essere il target del nostro sistema immunitario.
Ciò significa che, se anche il virus dovesse mutare in una sua parte fondamentale, il nostro sistema immunitario ha buone probabilità di continuare a riconoscerlo e ad attaccarlo con successo.
Nonostante siano ancora in corso diversi studi riguardo il funzionamento degli anticorpi contro il SARS-CoV-2, è possibile affermare con buona approssimazione (sulla base di quanto scoperto grazie a SARS e MERS), che i nostri anticorpi si leghino proprio alla spike protein dei coronavirus, impedendogli così di legare e infettare le cellule.
L’unica mutazione “pericolosa” dal punto di vista del nostro sistema immunitario, quindi, è proprio quella a carico della spike protein; ma, come già detto, è poco probabile che si manifestino mutazioni consistenti in quest’area.
Ad oggi, infatti, è stato identificato un solo “ceppo” con una mutazione in questa zona. Ma non esistono evidenze sul fatto che questo possa aver cambiato la conformazione del recettore alterando la nostra capacità di risposta.
Ma stiamo correndo troppo, il vaccino non è sicuro…
Nì. Ovviamente stiamo accelerando i tempi, ma questo è dovuto sia alla situazione di emergenza, sia alla possibilità di saltare alcuni step della sperimentazione ricorrendo a piattaforme vaccinali già note. Se infatti si utilizzano basi e metodi già ampiamente conosciuti è lecito poter saltare alcune fasi che sarebbero del tutto ripetitive. Ad ogni modo, non bisogna fidarsi troppo di quello che riportano i giornali; è vero, stiamo correndo, ma le ultime fasi della sperimentazione saranno fatte, e saranno fatto bene, difficilmente vedremo qualcosa prima dell’inizio del prossimo anno.
Nessuna casa farmaceutica rischierebbe di mettere sul mercato un vaccino pericoloso. Sarebbe un danno gravissimo per l’azienda stessa.
Alle BigPharma interessano solo i soldi, non la nostra salute.
Premesso che questa è una visione del mondo davvero triste, è giusto riconoscere che le case farmaceutiche hanno grandi interessi economici. Ma non c’è nulla di male. Sono aziende private, e come tali puntano a guadagnare. Come qualsiasi altra azienda. Questo non implica assolutamente che le cose vengano fatte male! La concorrenza è talmente alta che le singole aziende sono obbligate a fare le cose per bene, o verrebbero cancellate dal mercato.
Cosa sappiamo davvero sulle mutazioni del SARS-CoV-2?
Diversi team di ricercatori stanno analizzando le mutazioni del virus. Sappiamo con certezza che in Europa e in Nord America sono presenti ceppi virali con alcune modificazioni rispetto a quelli asiatici, mentre mancano i dati di Africa e Sud America. Questa evidenza era comunque attesa e prevista da tutti i modelli biologici.
Sono stati comunque osservati un numero ridotto di ceppi con mutazioni ricorrenti, e solo in Europa è stato trovato un ceppo con mutazioni a carico della spike protein, con una frequenza piuttosto bassa. La mutazione riguarda un solo amminoacido, e nello specifico un acido aspartico mutato in glicina. Questi due amminoacidi sono abbastanza diversi tra loro, e sarebbe utile indagare ulteriormente per capire se possa essere presente un qualche tipo di modificazione conformazionale a carico dell’intera proteina.
La maggior parte delle mutazioni, invece, sembrano a carico di proteine coinvolte nella replicazione virale, e questo potrebbe avere importanti implicazioni per quanto riguarda la diversa sintomatologia e la differente carica virale osservata nei vari pazienti.
La maggior parte dei ceppi, inoltre, mostrano zero, una o due mutazioni.
Ad oggi quindi non esistono evidenze riguardo il fatto che il SARS-CoV-2 possa mutare sensibilmente in zone fondamentali per la risposta immunitaria. Sarebbe comunque utile approfondire le conoscenze riguardo la singola mutazione osservata a carico della spike protein, ma questo non può in alcun modo essere ritenuto un valido motivo per abbandonare la sperimentazione dei vaccini. Il ceppo con la spike protein mutata, inoltre, non pare predominante rispetto agli altri; per tanto, se anche il vaccino dovesse risultare meno efficace rispetto a questo ceppo, garantirebbe comunque una buona protezione rispetto a tutti gli altri, facendoci guadagnare ulteriore tempo e scongiurando il collasso dei sistemi sanitari.
Fonti
- Maria Pachetti, Bruna Marini, Francesca Benedetti, Fabiola Giudici, Elisabetta Mauro, Paola Storici, Claudio Masciovecchio, Silvia Angeletti, Massimo Ciccozzi, Robert C. Gallo, Davide Zella & Rudy Ippodrino (2020). Emerging SARS-CoV-2 mutation hot spots include a novel RNA-dependent-RNA polymerase variant.
- Shibo Jiang, Christopher Hillyer, Lanying Du (2020). Neutralizing Antibodies against SARS-CoV-2 and Other Human Coronaviruses.
- di Mauro Gabriella, Scavone Cristina, Rafaniello Concetta, Rossi Francesco, and Capuano Annalisa (2020). SARS-Cov-2 infection: response of human immune system and possible implications for the rapid test and treatment.
Eccellente post @spaghettiscience come ci hai da tempo abituato ormai. Una cosa mi permetto di contraddire...
non è così! perché le aziende che possono far ricerca a questi livelli (penso, non ne sono certo) saranno poche e non immagini quanto è facile mettersi d'accordo quando si è in pochi. È successo e continua a succedere in tutti i settori. Guarda il settore bancario, nelle costruzioni, agricoltura... Praticamente su tutti i fronti. La pericolosità sta nel consiglio di amministrazione e non di chi è in prima linea (scienziati) a sbattersi per capire come lavora questo virus.
Un saluto, nicola
In realtà no. Non saprei darti una percentuale esatta, ma la maggior parte delle nuove scoperte in campo farmaceutico, contrariamente a quanto si pensa, non vengono fatte dai grandi marchi, ma da piccoli laboratori che brevettano le loro scoperte e vengono poi acquistati dalle BigPharma. Le lobby esistono, per carità, ma tendono a "truccare" soprattutto aspetti di tipo economico. Questo perché la scienza in generale segue metodi diversi dalle altre discipline: se qualcuno imbroglia è molto molto probabile che poi venga scoperto, perché poi quel farmaco verrà usato per altri lavori, e ad un certo punto arriverà un ricercatore che si accorgerà dell'imbroglio.
Ti cito un esempio personale. Io e la mia compagna abbiamo lavorato a lungo su plastiche e bioplastiche in generale. Per farlo abbiamo utilizzato prodotti di diverse aziende, che producono la loro plastica secondo determinate specifiche. Se qualcuno avesse alterato le proprie pubblicazioni per dichiarare, per esempio, biodegradabile una plastica che non lo era, prima o poi ce ne saremmo resi conto. Non avendo alcun interesse di tipo economico avremmo immediatamente segnalato la questione. La stessa cosa capita con i farmaci, i prodotti chimici, ecc...
hey hey you can use the tag #stemsocial..we are no longer steemstem :P
Damn! I can't keep up with all these news! Thanks :D
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