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Ciao caro amico di Steemit!
Eccomi qui per continuare il nostro fantastico viaggio, ormai siamo agli sgoccioli, tra qualche articolo saluteremo il nostro caro Goleman per abbracciare qualche nuova compagnia.....ma non esitiamo oltre e, per ora, proseguiamo il nostro cammino nell'intelligenza emotiva!
Daniel Goleman asserisce che la consapevolezza subitanea dei propri stati interiori è determinante per procedere al meglio nell'esistenza; il motto di Socrate "conosci te stesso", a suo parere, fa riferimento proprio a questa capacità fondamentale su cui si basano tutte le altre competenze emozionali, come l'autocontrollo.
Goleman propone la parola "autoconsapevolezza" per definire la continua capacità della mente di osservare ed elaborare i propri processi, comprese le emozioni, e mette da parte i termini correntemente usati in psicologia: "metacognizione" per indicare la consapevolezza del pensiero, "metaemozione" in riferimento a quella delle emozioni.
L'autoconsapevolezza è "l'attenzione che si libra imparziale" descritta da Freud, è "l'ego osservatore" secondo alcuni psicanalisti: pare che essa richieda l'intervento delle aree del linguaggio presenti nella neocorteccia che permettono di conferire un nome alle emozioni da cui siamo compliti; anche se queste ci travolgono, l'autoconsapevolezza non viene meno in chi la possiede: è come se un osservatore imparziale all'interno dell'individuo mantenesse la capacità introspettiva in ogni evenienza; chi ne è privo, invece, corre il rischio di essere travolto e di lasciarsi andare a reazioni inconsulte.
Goleman cita su questo argomento John D. Mayer, autore con Peter Salovey dell'articolo che ha aperto la strada alla teoria dell'intelligenza emotiva; a seconda di come le persone colgono e gestiscono le proprie emozioni, Mayer le classifica in categorie che Daniel riassume così:
- Gli autoconsapevoli. Hanno una visione chiara delle proprie emozioni nel momento in cui esse si presentano; grazie a questa capacità possono contare su un buon equilibrio psicologico e su una visione positiva della vita, sono autonomi e coscienti dei propri limiti; quando subiscono uno stato d'animo infausto,riescono a liberarsene prima degli altri.
- I sopraffatti. In loro le emozioni prendono il sopravvento; poiché non sono pienamente consapevoli di ciò che provano, non riescono a considerare i propri sentimenti con un minimo di distacco e si fanno travolgere. Capiscono di non avere controllo sulla propria vita emotiva e perciò agiscono poco per liberarsi degli stati d'animo negativi.
- I rassegnati. Anch'essi, come i sopraffatti , accettano i propri sentimenti senza cercare di modificarli, benché ne siano consapevoli con chiarezza. Sono sia gli individui i cui stati d'animo hanno normalmente un carattere positivo, e quindi non sentono di aver ragione di modificarli, sia coloro che vivono stati negativi ma si rassegnano a sopportarli: caratteristico l'atteggiamento delle persone depresse nei confronti della disperazione.
Esistono poi altre due tipologie di persone, questa volta definite da Suzanne Miller psicologa presso la Temple University di Philadelphia, che ha elaborato un test al riguardo; ci sono individui che, di fronte ad una situazione incresciosa, attivano vigilanza ed attenzione spasmodica e altri che invece fanno di tutto per distrarsi dall'angoscia; i primi se l'autoconsapevolezza non tempera le loro emozioni, possono amplificarle, mentre i secondi minimizzano l'esperienza che stanno vivendo; ciò corrisponde in definitiva al fatto che c'è chi si fa sopraffare dalla consapevolezza delle emozioni e chi la possiede solo in misura minima, quindi ha una vita emotiva povera e inesistente, in pratica priva di passioni.
Goleman cita il caso di un uomo, intelligente e di successo, ma privo di ogni consapevolezza dei propri sentimenti e convinto di non provare mai collera, tristezza o gioia; si tratta di un vuoto emozionale che viene definito in campo psichiatrico "alessitimia"; persone come l'uomo preso ad esempio non hanno parole per descrivere ciò che provano e sembrano mancare di sentimenti ed emozioni; in realtà, però, ciò che non possiedono è la capacità di esprimerli.
Per esempio, sono in grado di piangere, ma non riescono a spiegare il motivo delle loro lacrime; privi come sono della possibilità di riconoscere ciò che provano, sono in sostanza mancanti di autoconsapevolezza.
Un'altra caratteristica degli alessitimici è l'incapacità di cogliere la differenza tra un'emozione e le reazioni fisiche da essa provocate, come le palpitazioni, le vertigini e il vuoto allo stomaco causati da un attacco d'ansia: si tratta di somatizzazione, cioè della confusione di un disagio psicologico con un disturbo fisico.
E' stato ipotizzato che la causa dell'alessitimia consista in un'interruzione delle connessioni tra sistema limbico e neocorteccia, soprattutto in corrispondenza dei centri del linguaggio: come Goleman afferma, tale spiegazione si adatta bene alle recenti acquisizioni sul cervello emozionale.
Come già detto, l'essere ignari dei propri sentimenti è una caratteristica anche di altri individui, come coloro cui sono stati rimossi a scopo terapeutico i lobi frontali; una volta che siano stati annullati i collegamenti tra i centri del cervello emozionale, soprattutto l'amigdala, e i centri della neocorteccia, che regola le attività intellettuali, la persona diventa simile ad un computer: è capace di valutare perfettamente una decisione, ma non sa assegnare un valore ad ogni diversa opzione; perde così la possibilità di esprimere preferenze nelle scelte, anche quelle più importanti, che non possono essere effettuate grazie alla sola razionalità: la decisione rispetto alla carriera da intraprendere, all'uomo o alla donna con cui avere una relazione, alla casa da acquistare deve essere sorretta anche dai sentimenti e dal bagaglio di esperienze emozionali vissute nel passato.
I segnali intuitivi che, in casi normali, avvertono di un rischio o una possibilità positiva contenuta in una certa opzione sono i "marker somatici", secondo la definizione del neurologo antonio Damasio: "sentimenti viscerali" che mettono all'erta sull'opportunità o meno di compiere un'azione o intraprendere un percorso; riconoscere con prontezza i propri sentimenti si rivela prezioso anche in questi casi.
E' probabile che siano i circuiti prefrontali a determinare la misura in cui nell'individuo sono presenti la capacità di introspezione psicologica e la predisposizione per diverse attività che si basano sulle modalità simboliche della mente emozionale: artisti e psicoterapeuti sono due categorie di persone in sintonia con il linguaggio delle emozioni, quindi più capaci, almeno in potenza, di suscitare quella che Goleman definisce "la saggezza dell'inconscio" e di cogliere il significato di sogni, fantasie e desideri.
Freud ha spiegato che gran parte della vita emotiva si svolge nell'inconscio e spesso le emozioni non arrivano alla nostra consapevolezza; anche solo intravedere, senza distinguerlo bene il disegno di un serpente può suscitare paura in una persona che tema i rettili.
I livelli di emozione, quindi, sono due: uno inconscio ed uno conscio, che viene registrato dalla corteccia frontale; le emozioni inconsce, quelle di cui non si è consapevoli, possono provocare reazioni durevoli nella persona che le ha provate, come determinare l'umore; per esempio, l'incontro con un interlocutore sgradevole può avere come conseguenza un'irritabilità prolungata, che arriva a scomparire quando l'emozione provata in quell'incontro sia portata alla consapevolezza e registrata dalla corteccia cerebrale. Si attiva così un altro fondamentale elemento dell'intelligenza emotiva la capacità di sopprimere gli stati d'animo negativi.
Le capacità di frenare gli eccessi emozionali, la"temperanza", come la chiamavano gli antichi romani e i primi cristiani, è una qualità indispensabile per una buona qualità della vita; non significa annullare emozioni e sentimenti, che hanno tutti valore e significato e conferiscono pienezza all'esistenza, ma di provarli nella giusta misura; da un lato se sono troppo deboli, portano all'indifferenza ed al distacco, dall'altro, se colpiscono in maniera estrema, hanno un carattere patologico, come nella depressione, negli stati persistenti di angoscia o nell'agitazione maniacale.
Il benessere psicologico e l'equilibrio della mente stanno quindi nel controllo delle emozioni, soprattutto quelle spiacevoli o dolorose; benché la sofferenza abbia un valore nella vita spirituale e creativa, sostiene Daniel Goleman, deve esistere un giusto rapporto tra emozioni negative e positive; anche le persone che vivono momenti di grande collera e depressione possono ritrovare benessere attraverso esperienze piacevoli e gioiose.
Così come esiste un continuo lavorio di pensieri che mormora nella mente, agisce anche un continuo suscitarsi di emozioni; controllarle, afferma Goleman, è un lavoro a tempo pieno; buona parte di ciò che facciamo, soprattutto nei momenti liberi, serve proprio per reggere questo controllo, vedere un amico, leggere un libro,, guardare la televisione, ci permette di tranquillizzarci e fornirci conforto.
E' una capacità, questa, che John Bowlby e Donald Winnicott consideravano fondamentale: i bambini che godono di buona salute emozionale secondo il pensiero dei due grandi psicoanalisti, imparano dagli adulti che li accudiscono a confortarsi da soli, riuscendo a resistere meglio all'assalto delle emozioni.
Le nostre connessioni cerebrali non ci permettono di prevedere e controllare quando un'emozione ci coglierà né di quale emozione si tratterà, ma ci mettono in grado di dominare, almeno in una certa misura, la durata dell'emozione stessa; qualora essa sia troppo intensa e persistente, può dar luogo a stati di ansia cronica, di aggressività irrefrenabile e di depressione; casi particolarmente gravi, che superano la facoltà di controllo dell'individuo, possono essere trattati solamente on la terapia farmacologica o con la psicoterapia una combinazione di entrambe; anche in situazioni più comuni, tuttavia, non sempre i nostri mezzi di controllo riescono a mostrarsi efficaci: interrogate su come si ponessero di fronte ai propri stati d'animo negativi e a come agissero per modificarli, diverse centinaia di persone hanno ammesso di sentirsi in balia delle proprie emozioni.
Uno dei più frequenti e pericolosi eccessi emozionali è quello che si identifica con la collera, che non di rado sfugge al controllo di chi la prova e causa gravi conseguenze; un attacco di ira improvvisa, come quella che possiamo provare nei confronti di un automobilista che ci ha tagliato la strada, è probabilmente originato soprattutto dall'amigdala; la collera più calcolata, che si prova nel considerare un'ingiustizia o nel desiderio di vendetta a sangue freddo, sarebbe invece alimentata dalla neocorteccia.
La collera risulta essere, nelle indagini effettuate su rappresentativi campioni di persone, l'emozione più difficile da controllare: ha, in effetti, delle qualità persuasive energizzanti che rendono facile giustificare lo sfogo; la soluzione per combatterla non sta nel rimuginare sulle sue cause, il che al contrario non farebbe che accrescerla, ma nel tentare di considerare la situazione diversamente, in termini più positivi.
La preoccupazione può avere una funzione positiva, nel caso in cui svolga un ruolo di vigilanze nei confronti di un possibile pericolo e permetta di trovare soluzioni per una situazione problematica prima ancora che questa si presenti; anche questa è un'eredità del processo evolutivo; tuttavia, se si perpetua e continua a ripetersi senza costrutto, può portare a veri e propri "sequestri emozionali", i disturbi ansiosi: sfuggendo al controllo, induce ad ossessione, fobie, compulsioni e attacchi di panico.
L'ansia si manifesta in due modi: quello cognitivo, che consiste nel ripetersi di pensieri dal contenuto negativo o addirittura catastrofico, e quello somatico, con sintomi come aumento della frequenza cardiaca, sudorazione e tensione muscolare.
Studiando pazienti che soffrivano d'insonnia, alcuni psicologi della Pennsylvania State University hanno scoperto che non è lo stato di agitazione del corpo a tenerli svegli, ma il riproporsi di preoccupazioni e fantasie negative; soltanto le tecniche di rilassamento, permettendo di distogliere la mente dall'oggetto dell'ansia, sembrano funzionare in questi casi come momentanea soluzione al problema.
Tuttavia la maggior parte delle persone ansiose non sembra volersi realmente liberare di questo stato d'animo sfavorevole, poiché esse riconoscono nella preoccupazione un aspetto positivo di difesa da potenziali minacce; ma il rimuginare continuo su un pericolo non porta a soluzioni nuove, bensì ripropone continuamente gli stessi pensieri neri e induce uno stato addirittura di terrore, in cui gli ansiosi inevitabilmente precipitano.
La preoccupazione, però, sembra quasi diventare una sorta di dipendenza della mente, in alcuni individui e tende ad autorinforzarsi come in una pratica superstiziosa; poiché gli avvenimenti di cui tali individui si preoccupano hanno una probabilità molto bassa di realizzarsi, come la porta di una persona amata in un incidente aereo o la possibilità di fare fallimento, il sistema limbico attribuisce a queste ansie un'aura magica, come di un amuleto che allontani il pericolo.
Chi è affetto da preoccupazioni e ansie croniche non può seguire il consiglio che altri gli danno: "smetti di preoccuparti"; gli è impossibile smettere perché le preoccupazioni persistenti, che sembra siano attivate dall'amigdala, compaiono spontaneamente e si perpetuano nella mente per la loro stessa natura; per contrastarne il fluire e impedire che si trasformino in un circolo vizioso, esistono però alcune semplici accortezze che sembrano funzionare anche quando lo stato d'ansia sia consolidato nel tempo: il primo passo è l'autoconsapevolezza, riconoscere il più rapidamente possibile quali siano le immagini e gli episodi che scatenano gli attacchi d'ansia; anche le tecniche di rilassamento sono utili, ma solo in via temporanea.
Interrogarsi sulla probabilità reale che il fatto temuto si verifichi, oltre che sulla possibilità o meno di un'alternativa o di azioni adeguate a contrastarlo , sembra frenare, agendo sul sistema limbico, l'attivazione neurale che è alla base di uno stato d'ansia ancora moderato; lasciare un pensiero negativo libero di ripetersi senza metterlo in discussione ne rafforza la presa, mentre vederlo in modo critico e individuare altre possibilità plausibili lo indebolisce.
Quando l'ansia però, si è trasformata in disturbo ossessivo-compulsivo, in fobie ed attacchi di panico, è consigliabile pensare ad una cura farmacologica, almeno in via momentanea; in seguito, la terapia psicologica, agendo sul circuito delle emozioni, servirà a rendere meno probabile il riapparire degli stessi disturbi.
Bene caro amico, anche per stasera siamo giunti al termine....voglio anticiparti che restano solo due capitoli alla conclusione del nostro primo autore; nei prossimi post parleremo dell'applicazione dell'intelligenza emotiva e dell'intelligenza emotiva per l'infanzia.
Spero che lo scritto di oggi possa risultare interessante e ti sia piaciuto, fammelo sapere nei commenti se ti va!
Ci si legge presto!
Immagine CC0 Creative Commons, si ringrazia @mrazura per il logo ITASTEM.
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Hi dear friend of Steemit!
Here I am to continue our fantastic journey, now we are running out, in some article we will greet our dear Goleman to embrace some new company ..... but we do not hesitate any longer and, for now, we continue our journey in emotional intelligence!
Daniel Goleman asserts that the immediate awareness of one's inner states is decisive for making the best of existence; the motto of Socrate "know yourself", in his opinion, refers precisely to this fundamental ability on which all other emotional skills are based, such as self-control.
Goleman proposes the word "self-awareness" to define the continuous ability of the mind to observe and process its own processes, including emotions, and puts aside the terms currently used in psychology: "metacognition" to indicate the awareness of thought, "metaemotion" in reference to that of emotions.
Self-awareness is "the impartial attention" described by Freud, it is "the observer ego" according to some psychoanalysts: it seems that it requires the intervention of the language areas present in the neocortex that allow to confer a name for the emotions we are complimented by; even if these overwhelm us, self-awareness does not fail in those who possess it: it is as if an impartial observer within the individual maintains the introspective capacity in every eventuality; those without it, on the other hand, run the risk of being overwhelmed and of letting go of unconscious reactions.
Goleman quotes on this topic John D. Mayer, author with Peter Salovey of the article that paved the way for the theory of emotional intelligence; depending on how people capture and manage their emotions, Mayer classifies them into categories that Daniel summarizes as follows:
- Self-aware. Have a clear vision of their emotions when they arise; thanks to this ability they can count on a good psychological balance and on a positive vision of life, they are autonomous and aware of their limits; when they suffer an inausible state of mind, they manage to get rid of them before the others.
- The overwhelmed. In them the emotions take over; since they are not fully aware of what they feel, they can not consider their feelings with a minimum of detachment and they are overwhelmed. They understand that they have no control over their emotional life and therefore do little to get rid of negative moods.
- The resigned. They too, like the overwhelmed ones, accept their feelings without trying to modify them, although they are clearly aware of them. They are both individuals whose moods normally have a positive character, and therefore do not feel that they are right to modify them, or those who experience negative states but resign themselves to endure them: characteristic of depressed people's attitude towards despair.
There are also two other types of people, this time defined by Suzanne Miller psychologist at the Temple University of Philadelphia, who has developed a test on the matter; there are individuals who, faced with a regrettable situation, activate vigilance and spasmodic attention and others who do everything to distract themselves from anguish; the former if self-awareness does not temper their emotions, can amplify them, while the latter minimize the experience they are experiencing; this ultimately corresponds to the fact that there are those who are overwhelmed by the awareness of emotions and those who possess it only to a minimal extent, so they have a poor and inexistent emotional life, practically devoid of passions.
Goleman cites the case of a man, intelligent and successful, but without any awareness of his own feelings and convinced that he never feels anger, sadness or joy; it is an emotional emptiness that is defined in the psychiatric field "alexithymia"; people like the man taken for example have no words to describe what they feel and seem to lack feelings and emotions; in reality, however, what they do not possess is the ability to express them.
For example, I am able to cry, but they can not explain the reason for their tears; lacking as they are of the possibility of recognizing what they feel, they are in essence lacking self-awareness.
Another characteristic of alexithymic is the inability to grasp the difference between an emotion and the physical reactions caused by it, such as palpitations, vertigo and the stomach vacuum caused by an anxiety attack: it is somatization, that is, the confusion of psychological distress with a physical disorder.
It has been hypothesized that the cause of alexithymia consists in an interruption of the connections between the limbic system and the neocortex, especially in correspondence with the centers of language: as Goleman states, this explanation fits well with recent acquisitions on the emotional brain.
As already mentioned, being unaware of one's own feelings is also a characteristic of other individuals, such as those whose therapeutic lobes have been removed for therapeutic purposes; once the connections have been canceled
The ability to curb emotional excesses, "temperance", as the ancient Romans and early Christians called it, is an indispensable quality for a good quality of life; it does not mean to cancel emotions and feelings, which all have value and meaning and give fullness to existence, but to prove them in the right measure; on the one hand if they are too weak, they lead to indifference and detachment; on the other hand, if they strike extremely, they have a pathological character, as in depression, in persistent states of anguish or in maniacal agitation.
The psychological well-being and the balance of the mind are therefore in the control of emotions, especially those that are unpleasant or painful; although suffering has a value in spiritual and creative life, Daniel Goleman argues, there must be a right relationship between negative and positive emotions; even people who experience moments of great anger and depression can regain wellbeing through pleasurable and joyful experiences.
Just as there is a continuous work of thoughts that murmurs in the mind, there is also a continuous stirring of emotions; checking them, says Goleman, is a full-time job; a good part of what we do, especially during free time, is needed to support this control, see a friend, read a book, watch television, allow us to reassure and provide comfort.
It is a capacity, this, that John Bowlby and Donald Winnicott considered fundamental: children who enjoy good emotional health according to the thought of the two great psychoanalysts, learn from adults who care for them to comfort themselves , managing to better resist the onslaught of emotions.
Our brain connections do not allow us to foresee and control when an emotion will catch us or what emotion it will be, but enable us to dominate, at least to a certain extent, the duration of the emotion; if it is too intense and persistent, it can give rise to states of chronic anxiety, irrepressible aggression and depression; particularly serious cases, which go beyond the control of the individual, can be treated only on drug therapy or psychotherapy, a combination of both; even in more common situations, however, our means of control are not always able to show themselves to be effective: questioned about how they were confronted with their negative moods and how they acted to modify them, several hundred people admitted to feeling at the mercy of their emotions.
One of the most frequent and dangerous emotional excesses is that which is identified with anger, which often escapes the control of those who test and cause serious consequences; an attack of sudden anger, like the one we can try against a motorist who has cut our way, is probably originated above all from the amygdala; the more calculated anger, which is felt in considering an injustice or in the desire for cold-blooded revenge, would instead be nourished by the neocortex.
The rage turns out to be, in the investigations carried out on representative samples of people, the emotion more difficult to control: it has, in effect, persuasive energizing qualities that make it easy to justify the outburst; the solution to combat it is not to ruminate on its causes, which on the contrary would only increase it, but in trying to consider the situation differently, in more positive terms.
The concern can have a positive function, in the case in which it carries out a role of vigilance towards a possible danger and allows to find solutions for a problematic situation even before it occurs; this too is a legacy of the evolutionary process; however, if it is perpetuated and continues to repeat itself without construct, it can lead to real "emotional seizures", anxious disorders: escaping control, leads to obsession, phobias, compulsions and panic attacks.
Anxiety manifests itself in two ways: the cognitive one, which consists of repeating thoughts with negative or even catastrophic content, and the somatic one, with symptoms such as increased heart rate, sweating and muscle tension.
Studying patients who suffered from insomnia, some psychologists from the Pennsylvania State University have discovered that it is not the state of agitation of the body to keep them awake, but the repetition of negative concerns and fantasies; only relaxation techniques, allowing the mind to be diverted from the object of anxiety, seem to work in these cases as a temporary solution to the problem.
However, most people who are anxious do not seem to really want to get rid of this unfavorable state of mind, because they recognize a positive aspect of their defense against potential threats; but the continuous rumination on a danger does not lead to new solutions, but continually reproposes the same black thoughts and induces a state of even terror, in which the anxious inevitably precipitate.
Concern, however, seems almost to become a sort of mental dependence, in some individuals and tends to self-reinforce itself as in a superstitious practice; since the events of which such individuals worry are very likely to occur, such as the door of a loved one in a plane crash or the possibility of bankruptcy, the limbic system gives these anxieties a magical aura, as of a amulet that takes away the danger.
Those affected by chronic worries and anxieties can not follow the advice that others give them: "stop worrying"; it is impossible to stop them because the persistent preoccupations, which seem to be activated by the amygdala, appear spontaneously and are perpetuated in the mind by their very nature; to counteract the flow and prevent them from turning into a vicious circle, however, there are some simple precautions that seem to work even when the state of anxiety is consolidated over time: the first step is self-awareness, recognize as quickly as possible what the images and episodes that trigger anxiety attacks; relaxation techniques are also useful, but only temporarily.
Questioning the real probability that the dreaded fact occurs, as well as the possibility or not of an alternative or of appropriate actions to counter it, seems to restrain, acting on the limbic system, the neural activation that underlies a state of anxiety still moderate; leaving a negative thought free to repeat itself without questioning reinforces its grip, while seeing it critically and identifying other plausible possibilities weakens it.
When anxiety, however, has turned into obsessive-compulsive disorder, into phobias and panic attacks, it is advisable to think of a pharmacological cure, at least temporarily; Thereafter, psychological therapy, acting on the emotional circuit, will make the reappearance of the same disorders less likely.
Well dear friend, even tonight we have come to an end .... I want to anticipate that only two chapters remain at the conclusion of our first author; in the next post we will talk about the application of emotional intelligence and of emotional intelligence for children.
I hope that today's writing can be interesting and you liked it, let me know in the comments if you like!
Read it soon!
.....Del mio meglio! Pikkio82
Bibliografia:
- Intelligenza emotiva, Rizzoli, milano 1997.
- Le emozioni che fanno guarire, Mondadori, Milano 1998.
- Emozioni distruttive, Mondadori, Milano 2003.
- Intelligenza sociale, Rizzoli, Milano 2006.
- Intelligenza ecologica, Rizzoli, Milano 2009.
- Leadership emotiva, Rizzoli, Milano 2012.
- Focus, Rizzoli, Milano 2013.
- Felicità emotiva, di Gyatso Tenzin (Dalai Lama) (Autore), Paul Ekman (Autore), S. Orrao (Traduttore),Pickwick, 2014.
- L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali, di Charles Darwin (Autore), P. Ekman (a cura di), F. Bianchi Bandinelli (Traduttore), I. C. Blum (Traduttore), Bollati Boringhieri, 2012
- https://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Goleman
- http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=intelligenzaemotiva.html
- https://contrasociologia.wordpress.com/2016/03/25/daniel-goleman-intelligenza-emotiva2/
(Partendo dal primo, tutti gli articoli che parlano di Goleman) - http://www.quipsicologia.it/fai-attenzione-dice-goleman/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Wechsler_Adult_Intelligence_Scale
- https://it.wikipedia.org/wiki/Howard_Gardner
- https://en.wikipedia.org/wiki/Howard_Gardner
- https://howardgardner.com/
- https://en.wikipedia.org/wiki/John_D._Mayer
- http://mayer.socialpsychology.org/
- https://en.wikipedia.org/wiki/Peter_Salovey
- http://www.filosofico.net/damasioantonio.htm
- https://lamenteemeravigliosa.it/antonio-damasio-emozioni/
- https://it.wikipedia.org/wiki/John_Bowlby
- https://en.wikipedia.org/wiki/John_Bowlby
- https://it.wikipedia.org/wiki/Donald_Winnicott
- http://www.treccani.it/enciclopedia/donald-woods-winnicott/
-Il logo di ITASTEM utilizzato è stato realizzato da @manuelcuda -
Secondo te, chi sono i più? Autoconsapevoli, Soprafatti o Rassegnati?
(...non dimenticarti di mettere qualche spazio tra i paragrafi per alleggerire la lettura. 😀)
Ciaooo!!! Secondo me certamente non gli autoconsapevoli; vedo tanti rassegnati e comunque credo se la battano con i sopraffatti! Grazie mille per i consigli, sono sempre utilissimi, non sono mai stato un mago della formattazione eh eh! A presto!
Ho sempre la brillante idea di leggere in questi orari, e non è facile tenere la concentrazione, anche perché gli argomenti che tratti sono importanti ma necessitano di un po' di attenzione, per gustare al massimo tutti i contenuti presenti, ottimo lavoro come al solito, bravo @pikkio82!!
Ciao Marco!! Grazie mille, sei sempre gentilissimo! Sono felice che questo lavoro ti stia piacendo, siamo quasi al giro di boa, scrivo stasera e domani e con Goleman ho concluso.....ovviamente la serie dell' Enciclopsicologia continua ;-) Scusa la risposta tardiva ma in questi giorni sono davvero presissimo ed il tempo è zero. Grazie mille ancora, un abbraccio!