10. Uno di troppo (parte prima)

in #ita6 years ago (edited)

«Signori vi prego. Calma», intimò Belthran ai due arcieri che l'avevano accompagnato. Stavano già per incoccare.
«Venti contro due», esclamò Numitor. «Non ci avete messo molto a decidere da che parte stare.»
«Lasciamo che questa conversazione vada fino in fondo, non è il momento delle acrobazie», disse Belthran, con un sorriso amaro; «a questo punto sono davvero curioso.»
Fece un respiro, poi si rivolse al Guardiano del Colle: «Aiutami a capire. Vi siete messi d'accordo per rovinarmi la mattinata o è tutta farina del nostro condottiero, qui?»
Allargò le braccia e guardò Numitor: «Te ne prego, illuminami.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Si posizionarono ai piedi del grande seggio di pietra, fianco a fianco dinnanzi al giudice.
Era impossibile capire fino a che punto Belthran li provocasse, con le mani intrecciate platealmente mentre osservava gli uomini armati che li attorniavano; la sua curiosità sembrava genuina.
Lui e i suoi avevano deposto tranquillamente le armi; Numitor li aveva imitati controvoglia, su esortazione dell'arbitro che aveva designato lui stesso.
«Sono stato chiamato a giudicare una contesa a nome del Re, nella terra che egli ha affidato alla mia custodia», annunciò il Guardiano con voce decisa. Era come se una parte di lui avesse fatto ritorno, quello spirito che dapprima era parso smarrito tra lontani orizzonti preclusi agli uomini; ora li fissava, accigliato e partecipe, «e desidero anch'io capire cosa sta succedendo. Formalizza le ragioni della tua accusa», disse a Numitor, «voglio i dettagli.»
Aveva improvvisamente smesso di essere un veggente; era diventato un Lord. «Ora sono io al comando.»
"Quando si dice una botte di ferro", sembravano sfotterlo gli occhi di Belthran, di quel celeste dalla tonalità inquietante.

«Alcune lune addietro un manipolo di arcieri ben addestrati è giunto alle mie porte», cominciò Numitor. «Dicono di essere Cacciatori del Re. Fanno tutto ciò che questo mezzelfo dice loro di fare. La loro comparsa dovrebbe risalire a un paio di settimane dopo gli ultimi attacchi, se ho fatto bene i miei conti - avrai saputo della Valle del Vino, immagino - e precede di qualche giorno il momento in cui ho realizzato che i miei corrieri stavano svanendo nel nulla.»
Belthran fu zittito da un gesto secco del Guardiano.
«Stai suggerendo che questi guerrieri potrebbero essere direttamente coinvolti in questa catena di eventi?»
«Lo so quasi per certo», rispose Numitor, «così come ho ragione di credere che non siano nostri Cacciatori.»
Belthran sembrò come impietosirsi. Assunse una posa dimessa e scosse il capo con rassegnazione.
«Come difendi te stesso e i tuoi uomini?», lo interpellò il Guardiano.
«Non i suoi uomini», puntualizzò Numitor, prima che potesse rispondere. «Non ancora, perlomeno. Potrebbero anche essere stati reclutati con l'inganno, per quanto ne sappiamo.»
Il messaggio ai due era evidente: erano ancora in tempo per passare dalla sua parte.
Belthran sospirò profondamente. «Comincio a pensare che si stia verificando la peggiore tra tutte le mie ipotesi», mormorò.
Tutti lo guardarono.

Alzò la testa, si schiarì la voce e fronteggiò il suo giudice.
«Siamo tutti qui come Cacciatori del Re, una spedizione con a capo il sottoscritto. Come prevede il nostro protocollo, non ci è stato rivelato nulla al di fuori dell'indispensabile. Dopo le recenti offensive da est abbiamo avuto ordine di metterci al servizio di lord Numitor come soldati qualsiasi del suo castello, cosa che abbiamo fatto e intendiamo fare fino a contrordine. Da qualche tempo, però, il signore di Forte Veliero si comporta in modo preoccupante. Teorizza congiure e allude a non ben precisate maledizioni; è diventato malinconico e passa da solo gran parte del tempo. Ho il sospetto che i tanti anni trascorsi sui campi di battaglia abbiano segnato la sua mente. Sono un agente del Re e non dubito che questo nobiluomo sia dalla nostra parte, ma so che gli orrori della guerra possono ottenebrare la ragione; la guerra ha già piegato re e capitani persino più nobili di lui, non c'è bisogno di andare troppo indietro nel tempo per ricordarcelo. Dubito che sia pronto ad affrontarne un'altra; se un guerriero sotto la mia responsabilità manifestasse un simile atteggiamento, lo allontanerei da un possibile fronte e lo relegherei ad altri incarichi.»
Belthran guardò il suo accusatore. «Non c'è disonore in questo; non vi è il tempo di cadere nel disonore se si interviene tempestivamente. Viceversa, sapete meglio di me cosa insegna la storia a proposito di comandanti usciti di senno. Chiedo che il Guardiano del Colle Veggente nomini un comandante provvisorio a cui affidare Forte Veliero.»
«Questa non è materia da tribunale. Solo il Re in persona può negare a un nobile feudatario di disporre delle sue terre», lo avvertì il Guardiano.
Belthran lo corresse con calma. «Non ti chiedo di togliergli i diritti, ma solo il comando temporaneo delle operazioni; fatto questo, il caso va portato all'attenzione del Re come prevede la stessa legge secondo la quale mi state processando. Posso citare i precedenti.»

«Sei una creatura misteriosa, Belthran», disse Numitor. «Non riesco a capire fino a che punto tu sia convinto delle tue stesse illazioni. E se avessero ingannato anche te? Da dove vengono i tuoi ordini?»
«Sai bene da chi vengono.»
Allora il comandante si appellò nuovamente all'arbitro della loro contesa. «Vedi, mio signore? È per questo che ho cercato il tuo consiglio. Fiuto la presenza di un tranello, da qualche parte, ma non riesco a individuarlo; non vogliano gli Dei che sia perché la trappola è già scattata, come i recenti avvenimenti potrebbero suggerire.»
«Non divaghiamo. Quali prove o testimonianze puoi fornire a supporto di quanto affermi?», volle sapere il Guardiano.
Gli occhi di Numitor frugarono tra i soldati. «Ho un testimone.»
Dopo qualche secondo Roland fece un passo avanti.
«Avrei dovuto immaginarlo.» Belthran rivolse a Numitor un ghigno sprezzante; "Mai visto al forte", rammentò. Il suo sguardo registrò accuratamente i volti degli uomini che li avevano accompagnati: "Ne eravate al corrente", sembrava rinfacciare loro minacciosamente. «Avrei dovuto accorgermi che tramavi alle mie spalle. La trappola ha già un volto e un nome, per quanto mi riguarda», e tornò a rivolgersi al giudice: «Te lo chiedo un'altra volta: eravate d'accordo?»
«Ne so quanto te», ribadì il Guardiano con fermezza. «Ora sentiamo il testimone.»
Belthran incrociò le braccia. «Concordo. Voglio proprio vedere fin dove riescono a spingersi.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Roland si fece più vicino al trio. «Parla, ragazzo», lo esortò il Guardiano. «Che cosa sai? Cosa hai visto?»
Il giovane simulò un colpetto di tosse. «Arcieri», si decise quindi a dire. «Facevo parte della Compagnia del Delta, nella Valle del Vino. Ero presente quando siamo stati attaccati. Una pattuglia di Forte Veliero mi ha intercettato mentre fuggivo a sud, dopo che la mia compagnia era stata sgominata. Sono stato interrogato dal signore del Forte; egli mi ha ordinato di tacere e attendere in disparte, fino a quando non sarei stato chiamato a testimoniare. Mi sono finto uno dei suoi; gli altri avevano l'ordine di ignorarmi.»
«Un disertore», fu il commento di Belthran.
«Non sono un disertore!», esclamò Roland. «Sono un soldato; un balestriere.»
«L'ultimo sopravvissuto del tuo gruppo, suppongo. Dove l'ho già sentita? Hai convinto un disertore a prestare la bocca alle tue fantasie. Davvero notevole, Numitor; gli hai promesso uno sconto di pena?»
«Silenzio», intervenne il Guardiano. «Cosa dovrebbero dirci questi arcieri? La notizia dell'attacco si è già diffusa; in che modo questo avrebbe a che fare con Belthran?»
«Dopo aver interrogato Roland, l'ho tenuto lontano dagli uomini e ho divulgato il meno possibile», spiegò Numitor. «L'ho spacciato per un mio vecchio agente di ritorno dal Nord. Non avevo ancora progettato di recarmi qui; ho agito così perché so che in guerra le spie sono ovunque. Potrebbe essere davvero un disertore e aver architettato una menzogna, questo lo sapremo solo una volta ascoltata la voce degli altri superstiti, se mai ne troveremo. Ma una cosa è certa: gli Uomini dell'Est non hanno mai usato arcieri. Corazzieri muniti di lancia, carri da combattimento, barche da lanciare all'arrembaggio nei loro mari, ma mai, in tutta la storia militare, si è avuta notizia di un solo reparto di arcieri proveniente da quelle contrade.»
Per la prima volta Roland guardò il mezzelfo dritto in faccia: il volto avvampò e la voce divenne inquieta. «Non erano dell'Est. Non portavano elmi chiodati e corazze di bronzo come abbiamo sempre visto fare a quella gente. Avevano giubbe leggere e cappucci scuri. Somigliavano ai nostri; somigliavano ai suoi», disse indicandolo.
Il Guardiano esitò.

Numitor sorrise leggermente: «So a cosa stai pensando: "È tutto qui?" La risposta è no. Non arriverei a tanto, se dovessi basarmi sul racconto di un solo uomo; se non avessi ragione di credere che quella dei Cacciatori del Re sia solo una copertura, fatto che già di per sé costituirebbe un affronto personale al Re; un atto di tradimento
«Chi è che crede alle sue stesse bugie, Numitor?» Belthran aveva sollevato le lunghe sopracciglia arcuate: era la cosa più simile a un'espressione umana che gli avessero visto fare. «Dì la verità: non sopporti di startene con le mani in mano, vero? Cominci a temere che l'ordine di "mantenere le posizioni" fosse un modo elegante per metterti da parte, proprio tu così avvezzo a coprirti di gloria. Non sai se ti dispiacerebbe di più vedere la Valle del Vino in mano al nemico, o riconquistata da qualcun altro. Qualcuno più giovane e con degli eredi, maschi magari», insinuò. «Così hai cominciato a cercare il nemico che non ti hanno dato; a fabbricarlo tu stesso, pur di convincerti che sei ancora indispensabile e avere una scusa qualunque per sedere ancora al tavolo di chi conta davvero. Forse non hai avuto troppe avventure per i tuoi gusti, ma troppo poche?»
«Belthran è una spia e un sicario perfettamente addestrato; sembra uno di noi, ma non conosce le parole segrete», rivelò allora Numitor. «Ciò che non tutti sanno, è che l'Ordine dei Cacciatori del Re fu fondato dalla mia stirpe prima dell'avvento degli Anni Oscuri. Tutti gli Uomini dell'Ovest trascorrono un periodo più o meno lungo tra i Cacciatori, e rimangono membri onorari a vita; eppure finora non avevo mai incontrato Belthran, né uno solo dei suoi arcieri, oltre a non aver ricevuto alcun messaggio relativo a questa fantomatica "spedizione". Ho usato più volte le parole segrete nel corso della loro permanenza, ma nessuno ha mostrato di intenderle. Usiamo le stesse parole da secoli: è così che riconosciamo i nostri. Non smettiamo mai di appartenere all'Ordine, ma col tempo molti di noi divengono simili a ombre, cessano di avere un nome e una storia, ed è solo grazie alle parole segrete che riusciamo ancora a distinguerli dal nemico.»

Gli occhi tristi del Guardiano scrutarono a lungo i due contendenti.
«Non ne ero al corrente», ammise in tono lugubre. «Assumere che ciò sia vero porrebbe tutto sotto una nuova luce. Belthran, cos'hai da dire a tal proposito?»
Il mezzelfo non diede segno di aver sentito; il suo sguardo si era perduto attraverso le terre selvagge oltre i confini del regno, verdi distese lungo cui il fiume si snodava a perdita d'occhio come un serpente di luce.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

«Sei ancora in tempo per gettare la maschera», lo incalzò Numitor.
Belthran parve non dargli peso. «Non capisco. È un uomo o un manichino?», mormorò.
«Puoi risparmiarti le provocazioni. Temporeggiare non ti farà fare bella figura, né ti aiuterà a mettermi in cattiva in luce.»
Soltanto allora il mezzelfo si riscosse. «Non parlavo di te», disse come se nulla fosse; aveva di nuovo quell'aria sorniona e indecifrabile.
«Sto cercando di capire chi o cosa ho appena avvistato. Forse non ti interessa più sapere cosa sta succedendo in queste terre, ora che hai l'opportunità di mettermi un cappio al collo, ma ti ricordo che io sono ancora in servizio.»
Allora molti tra i presenti lo imitarono, ma nessuno vide alcunché di insolito.
Numitor cominciò a spazientirsi. «Non vedo niente», annunciò, «tranne qualcuno messo alle strette, e che non sa più cosa inventarsi. Stai diventando patetico, Belthran.»
«È un uomo.»
Una mano tremante si levò dal seggio di pietra che li sovrastava; il giovane appostato su di esso si era appena mosso.
«È malato», lamentò quanto restava di lui; «e ha un cavallo malato. Vengono verso di noi.»

(Continua...)

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