Ciao a tutti!
Quest'oggi voglio raccontarvi qualcosa di molto intimo ma che penso possa riguardare molte altre persone oltre a me.
Tutto cominciò quando partii per la Francia nel 2013, per inseguire il sogno di diventare una ballerina (se vi siete persi questa parte scorrete sotto nei miei post) avevo solo 13 anni, un corpo sano, una mente sana.
Come già saprete, nel mondo della danza (soprattutto quando si parla di danza a livello accademico) vi sono requisiti fisici ben precisi richiesti dalle scuole di danza, spesso gli insegnanti spingono i propri allievi ad affrontare diete assurde per ottenere corpi al limite della magrezza. Nel mio caso devo dire che non vi era tutta questa oppressione per quanto riguarda il fisico, bastava essere in ottima forma, veniva rispettata la fisicità di ognuno. Io però avevo superato ogni limite. Dico questo, perché riguardando le foto di quel periodo mi rendo conto di essere stata piuttosto paffuta, gonfia, lo ero per la vita quotidiana, figuriamoci nel mondo della danza.
La verità è che in quel periodo non stavo bene, ancora non riesco a focalizzarne il motivo esatto, forse ce n'erano tanti...A partire dal fatto che a soli 13 anni mi ritrovavo tutto di un colpo lontana dai miei affetti, dagli amici, dalla mia casa, mi ritrovavo a dover cambiare vita radicalmente.
C'è da dire che se pur l'accademia non imponesse un peso da mantenere, l'aria che si respirava al suo interno era davvero pesante. A renderla pesante erano buona parte delle allieve, che erano decisamente fissate con il loro peso, ma d'altra parte, chi ha frequentato il mondo della danza professionale lo sa: l'incubo del peso è sempre dietro l'angolo.
Come starete immaginando da questa introduzione, ho avuto nel mio periodo adolescenziale qualche problema alimentare. Premetto che nessun medico mi ha mai diagnosticato un disturbo alimentare, questo perché non sono mai voluta essere aiutata e per fortuna sono riuscita ad aiutarmi da sola. Tornando indietro però forse un aiuto lo chiederei.
Mi successe che a causa dello sviluppo e forse a causa di un cambio totale della routine, anche di quella alimentare, presi molto peso fin dai primi mesi di accademia. Parlo di circa una decina di chili, in pochissimo tempo mi ritrovai dall'essere esile ad essere robusta (voglio sottolineare che non sono mai stata grassa, ma robusta si, soprattutto per la danza). Di certo i commenti dei familiari non mi aiutarono, senza accorgersene stavano scavando profonde ferite dentro di me facendomi notare quanto fossi cambiata in così poco tempo, meno invasivi ma comunque pericolosi furono i commenti in pagella scritti dagli insegnanti dell'accademia che mi sottolineavano di fare attenzione al fisico. Ribadisco che dagli insegnanti non mi è mai stato fatto notare in maniera cattiva, il problema era che in quel momento ero io ad essere estremamente fragile, tutto arrivava a me senza filtri e mi feriva nel profondo, non avevo mezze misure, percepivo tutto come estremamente grave. Non ero più felice.
Presa dallo sconforto, o per meglio dire dalla disperazione, cominciai a cercare la felicità nel cibo.
Comincia a mangiare a dismisura, ovviamente non mi nutrivo solo della porzione che mi fornivano alla mensa della scuola, nella mia stanza tenevo le scorte di tutte le schifezze possibili e immaginabili, alle feste di compleanno non perdevo occasione per abbuffarmi. Il momento peggiore era quando tornavo a casa per le vacanze, li avevo più tempo per ingozzarmi e soprattutto non avevo nessuno a "controllarmi" poiché i miei genitori lavoravano tutto il giorno. La mattina mi svegliavo, finivo un'intera scatola di cereali con almeno un litro di latte, a volte non riuscivo a fermarmi e continuavo mangiando pacchi di biscotti, erano momenti orribili...al mio corpo non interessava nemmeno cosa stessi ingurgitando, l'importante era riempire con qualcosa quel vuoto che mi stava logorando. Mi ricordo, e rabbrividisco al solo pensiero, che a volte quando mi mettevo a letto la sera, sentivo le mani gonfie dai troppi zuccheri ingeriti, per non parlare dell'acido in gola che avevo costantemente. Ciò che mi faceva più male in fondo, era il fatto di non poter più godere "della tavola" intesa come il riunirsi e passare momenti felici con i propri cari godendo del buon cibo; io a tavola ci arrivavo già gonfia dell'abbuffata fatta un attimo prima, ed il pensiero che mi martellava la testa durante tutta la cena era "ti rendi conto di quanto stai ingrassando!". Per non parlare di quando uscivo a cena con amiche, non potevo di certo negarmi le mie abbuffate pensando che la sera avrei dovuto cenare con loro, così anche in questo caso vivevo malissimo un momento che sarebbe dovuto essere di svago. La cosa ancor più grave era che a questi periodi di abbuffate a ruota libera alternavo periodi di quasi digiuno per cercare di perdere il peso accumulato, questo mi portava a mangiare ancora di più e soprattutto ad assimilare sempre di più appena riprendevo a mangiare. Per chi non lo sapesse mangiare molto poco e non spesso fa rallentare il metabolismo, questo porta il proprio corpo ad immagazzinare sempre di più ciò che mangi (a tenersi delle riserve) a maggior ragione se dopo un momento di "magra" fornisci al tuo corpo quantità spropositate di cibo tutte insieme esso assimilerà tutto.
Questo incubo durò ben 5 anni, ne uscii solo un anno dopo essere tornata a casa in Italia, intorno ai 18 anni, quando smisi di danzare, mi diplomai e conobbi l'amore. Uscirne fu un processo graduale che feci io da sola guidata dal mio istinto, un po' fu anche naturale, piano piano mi riappropriai della mia vita e riuscii a colmare i vuoti che avevo dentro. All'inizio pensavo di non poterne uscire mai più, e credetemi una vita intera così sarebbe stato un vero e proprio incubo, ma mi sbagliavo.
Se per caso qualcuno di voi si dovesse ritrovare in ciò che ha appena letto, l'unico consiglio che gli posso dare è di non pensare che da questo tunnel ci si esca impedendosi di mangiare, bisogna lasciarsi andare e cominciare a pensare meno al cibo e più alla via, poiché è proprio li che risiede il problema. Inoltre consiglierei di chiedere aiuto ad un professionista, chiedere aiuto non è segno di debolezza ma di responsabilità. Credete in voi stessi e pensate che non durerà per sempre, con tana forza riuscirete a tornare a vivere, Il cibo non dovrebbe essere una tortura bensì un vero piacere del quale poter godere a pieno. Ed è proprio quello che mi succede oggi a distanza di 4 anni, sono orgogliosa di dire che il cibo per me non è più un problema. Certo la ferita è dura a rimarginarsi, solo ora cominicio a parlarne col mondo esterno, e non tenermi più tutto dentro...
Di cosa mi pento? Sicuramente di non averne parlato con nessuno, familiari, amici, conoscenti, di essermi tenuta tutto dentro minimizzando un problema che a posteriori ritengo molto grande. Sono riconoscente verso me stessa per essere stata in grado, nonostante l'inconsapevolezza dovuta alla giovane età, di essermi saputa indicare la via di uscita evitando di recare ancor più danno a me stessa.
Come avete potuto vedere, non ho dato un nome al problema di cui vi ho parlato, proprio perché a differenza di ciò che avrei dovuto fare, non mi sono mai fatta aiutare da un medico ne da nessun altro, perciò nessuno ne ha mai estrapolato una diagnosi certa. Se avvertite comportamenti simili ai miei in voi o nei vostri cari mi raccomando non minimizzate la questione e fatevi aiutare, non siate passivi di fronte a questa sofferenza e soprattutto non riponete mai la vostra felicità nel cibo, vi porterà solo altra sofferenza, siate forti.
molto interessante @martacantore, i disturbi alimentari nell'adolescenza possono portare a conseguenze irreversibili. Hai avuto una grande forza e probabilmente congiunture favorevoli che ti hanno permesso di superare questo rapporto così controverso con il tuo corpo. Grazie per aver condiviso.
Grazie @martaorabasta, sicuramente sono stata molto fortunata ! Adesso sono felice questo è l’importante. Grazie di essere passata.
Grazie mille @martacantatore il tuo racconto mi ha commosso
Ti ringrazio, mi fa molto piacere @lorenzopistolesi
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