Gerardo ci ha lasciati la scorsa estate. In accordo con sua moglie, sto raccogliendo i suoi racconti, le poesie, il vocabolario dei termini dialettali, i disegni, le foto,… per farne una pubblicazione. Ne avevamo parlato… Glielo avevo promesso…
Un altro episodio di vita. I suoi ricordi, sono la nostra storia. La nostra memoria.
Quell’inverno del ’47, l’azienda di mio padre lavorava, con i suoi muli, nella zona del viterbese.
In un casale abitavano, oltre ai miei due fratelli, quattro garzoni.
La capiente cucina era in comune. E normalmente c’era sempre uno di loro che alla sera cucinava per tutti. Il menù era quasi sempre lo stesso: spaghetti o rigatoni all’amatriciana, o pasta e fagioli, o pasta e patate.
La carne si mangiava molto raramente.
Per la cena si usava la dispensa comune, ma ognuno aveva la sua riserva personale da utilizzare per la colazione e per il pranzo: pane, salame, formaggio, vino…
Il pranzo, di norma, si faceva al sacco. Ci si portava la cosiddetta mmotina, che consisteva in un sacchetto di tela con dentro un paio di grosse fette di pane con del formaggio o una fetta di ventresca per farsi, durante la pausa, una panontella.
Panontella che veniva preparata anche per colazione, magari con una fetta del grasso del prosciutto. Come ho già avuto modo di raccontare, si bruscava il pane sul fuoco e si condiva con il grasso, che il calore faceva sciogliere… Un bicchiere di vino e …a posto. La giornata poteva cominciare.
La salsiccia non era molto usata. Anzi, era una rarità. Le ferite della guerra non si erano ancora rimarginate…
Nella squadra c’erano due garzoni omonimi, Pietro Valeri, detto Boscìa, e Pietro Ippoliti, detto Pelone. Già, perché, a quei tempi, nessuno in paese veniva chiamato con il proprio nome. Avevano tutti un appellativo.
D’altro canto, non è così che nacquero i nostri cognomi…?!
I due erano piuttosto affiatati e si scambiavano spesso delle cortesie.
Quando si chiamavano tra loro usavano, come avveniva dalle nostre parti, il termine Minòme, che vuol dire “mio omonimo”.
Pietro Boscìa era tornato da Petrella, dove era andato per qualche giorno. Come normalmente avveniva in simili occasioni, tornando al campo si riportava dal paese sempre qualcosa di buono da mangiare.
A casa sua avevano ammazzato il maiale. Così, oltre alla biancheria lavata e altre varie cose, si era portato una bella salsiccia turgida non ancora asciutta. Una di quelle salsicce che si facevano dalle nostre parti, non molto grandi e che, unite alle due estremità, formavano una specie di ciambella. A casa mia le chiamavamo campanelle.
Dopo aver tirato fuori le sue cose dal sacco, Boscìa si sivolse a Pelone mostrando, orgoglioso, la salsiccia.
”Minò! Questa mo, la facimo seccà e a Pasqua ci lla magnimo nu ddu.”
Salì su una sedia ad appese la salsiccia al chiodo di una trave della cucina. Con aria soddisfatta, scese e se la rimirò più volte con uno sguardo voglioso ed impaziente. Anche i giorni successivi se la rimirava quasi volesse dirle: ”Eh… ha da venì …ha da venì Pasqua!…”
Ma c’era qualcun altro che aveva iniziato a tenere d’occhio quella salsiccia. Uno famoso per i suoi numerosi scherzi. Mio fratello Memmo, che a quel tempo aveva circa diciotto anni.
Come una volpe in una favola di Fedro, incominciò a pensare a come potersi mangiare, un po’ alla volta, quella salsiccia, senza che il proprietario se ne accorgesse.
Finché, …gli venne un’idea. Un’idea geniale.
Prese una di quelle ciambelle di legno che si usavano per i basti dei muli. Una di quelle che aveva, grosso modo, la stessa grandezza della salsiccia. La sporcò tutta, usando terra e cenere, per darle quel tanto di colore necessario a confondere la vista e la sostituì alla salsiccia.
Era uguale… o quasi…
Gli interessati non se potevano accorgere. Non se ne sarebbero accorti, perché, ormai gli sguardi erano sempre più fugaci. E l’occhio si era abituato a quella sagoma rotonda…
E, finalmente, arrivò la Pasqua.
Boscìa si era sbarbato di tutto punto. Si radeva due o tre volte al mese. Forse anche un po’ più spesso, ma quella barba era così nera, ispida e gli cresceva così in fretta, che sembrava non se la radesse mai.
Armato di coltello, salì sulla sedia per attaccare la preda.
La sorpresa lo lasciò immobile, quasi pietrificato, con il braccio armato proteso verso il soffitto, come la statua di un condottiero che non sa se attaccare o ritirarsi.
Pelone scoppiò in una sibilante lunga risata e Boscìa scese dal piedistallo col viso triste, mordendosi una mano per non smoccolare. ...era Pasqua.
Si, era Pasqua. La Pasqua del 1947.
I racconti precedenti:
I miei primi sci
Polenta e panuntella. Due pietanze, due ceti
Il nostro Natale
Primo amore, prima bugia…
Due cari compagni di giochi
Uno scippo d’altri tempi
Serate di vita intorno al camino
In ricordo di due bravi ragazzi
Presepe vivente
Scene di guerra
Le canne di una volta…
Il racconto di Gerardo è pubblicato con il consenso della moglie. Le foto sono rtratte dal web e sono libere da Copyright.
Il'47, anno di nascita di mio padre...da ciò posso capire meglio come è cresciuto, grazie Marco 😉
Come ho detto, e come continuo a ripetere, magari annoiando, ...è la nostra storia. Ci aiuta a capire meglio chi siamo. In questo caso, come hai giustamente notato tu, ti aiuta a capire meglio tuo padre...
Buona giornata.
Io non mi annoio 😊...buona giornata anche a te.
;)
Mi chiedo cosa sarà successo dopo a Memmo con Boscìa
Nella periferia Romana è nato un neologismo sul quale tempo fa scrissi un post. 'ntanagurà...
E' la risposta più appropriata al tuo commento :)
Confermo che non solo susciti interesse, ma riesci a mantenerlo nel tempo. Anche questo episodio sembra raccontato come se tutto si svolgesse davanti ai nostri occhi, anche io attendevo Pasqua per mangiare la salsiccia e anche io ho vissuto la stessa sensazione di sgomento alla scoperta del misfatto! Mi chiedo che fine abbia fatto il colpevole, immagino insalsicciato a morte? Appeso a campanella al posto della salsiccia rubata?
Mi è venuto in mente quel poco che so di mio nonno, mai conosciuto. So che allevava animali da latte e produceva formaggio, anche lui consumava pasti frugali "al sacco", di solito pane e formaggio con un po' di frutta. Mia madre lo ricorda spesso. Grazie della memoria, arrivederci alla prossima!
Grazie dei complimenti. Mi fanno davvero piacere.
Ho appena risposto ad un altro commento e mi trovo a ripetermi. ...il succo, però, è sempre quello, ed è inevitabile. Le storie di Gerardo sono la nostra storia. Sono davvero convinto che ci aiutino a ricordare le nostre esperienze, a resuscitare i nostri ricordi dall'oblio, a conoscerci meglio...
La storia di tuo nonno... Tua mamma...
Grazie a te.
Marco non mi ripeto, sai cosa penso delle fantastiche storie di Gerardo e di come tu le racconti magistralmente! Davvero grazie, è sempre un piacere leggerle ed ogni giorno aspetto che ne pubblichi una nuova. Scusami se non upvoto subito ma sto aspettando di ricaricarmi dehihihi :-) Domani ripasso e con la scusa magari ricommento!!! ;-)
:)
Panontella e vino rosso a colazione e via, si ritorna a letto hahah
Scherzi a parte, bellissimo racconto di Gerardo.
:))
Che bello leggere questi trascordi di vita legati ad un tempo passato e che a volte ci manca.
Molto bello come sempre il racconto @marcodobrovich.
Grazie!
Che storia!! Ma davvero Boscìa pensava che la salsiccia sarebbe rimasta al suo posto? Ahahah.
Bravo Gerardo, questa era davvero divertente!
Grande Gerardo!
Fantastico!!! Come al solito mi fa venire in mente il mio caro nonno, il quale raccontava che una delle poche cose che all'epoca dava loro felicità era proprio il potere, una volta ogni morte di papa come dice lui, assaporare qualche rarità, che fosse una salsiccia, un'arancia a natale o una gallina rubata ad un signorotto del suo paese [si davvero, insieme ai suoi coetanei (8/10 anni) rubò una gallina per arrostirla, su di un fuoco improvvisato in un campo, per piniise a pansa (riempirsi la pancia)], poco importava, bastava cambiare un pò e smettere di mangiare sempre e solo polenta scondita perchè altro non c'era..Quando c'era..
Voglio essere il primo a comprare la raccolta de: LE STORIE DI GERARDO quando la pubblicherai ;)
Eh... ma pure tu di storie ne hai...!! :)
Bello.
Oh si, ne avrei a decine, ma non sono bravo a scrivere e creare atmosfere.. magari un giorno ci proverò, per ora leggo le tue ;)
:)
Che scherzzaccio 😂 . Pasta e fagioli di nuovo quel giorno.
Hai capito, si... !! :))
Quanto mi piace leggere i racconti del passato. Molto spesso anche con mio nonno parlo tanto e mi faccio raccontare le storielle.
Registralo... Filmalo... Non sai quanto ti farà piacere riascoltarlo domani...
Mi fa morire la frase dove Boscia la estrae dal sacco :) ahahah.... bel racconto come sempre!
”Minò! Questa mo, la facimo seccà e a Pasqua ci lla magnimo nu ddu.” :))
si, anche questa ahahah, ero indeciso tra le due quale fosse la più simpatica ma Borscia ha vinto decisamente :) ... deduco che il dialetto sia del sud italia
Abruzzo!
Amazing again. Very simple wordings this time.
I am delighted
Its great picture
Thank you. Men of this story made that job...
@supersteemian dice che Great stories @marcodobrovich e tu stai facendo grandi cose per vivere di nuovo Gerardo
Grazie!