Lo svadhi
Le antiche mura di Ha avevano solo due bastioni, e una piccola fortezza che precedeva l’ingresso della darsena militare, ma i due bastioni erano stati trasformati in giardini e la fortezza, con il passare delle Lune, aveva assunto un aspetto bonario. All’interno, a ridosso delle mura, erano state costruite le case: trasformando la città in un dedalo di vicoli, stradine e piazzette, che si snodavano sino al porto mercantile. Vista da fuori invece, chiusa da quella lunga cinta muraria, la città del dio Kas, pareva sfidare impunemente il passare del tempo; dalla porta verso Ponente si allungava la Grande Via, la principale strada del regno, mentre da quella di Levante, una carreggiata secondaria si perdeva tra il verde dei campi, inerpicandosi sulle colline. I suoi abitanti, bisognosi di tornare alla tranquillità di un tempo dopo gli sfortunati eventi legati alla ormai costante presenza della Luna viola, furono soddisfatti dell’operato del bargello Sike, e dalla continua partecipazione del Gran Zunika alla vita fuori dal tempio: il primo riuscì in poco tempo a ripristinare l’ordine pubblico, dopo giorni di trambusto, mentre il secondo con i suoi sermoni, infuse nei credenti la convinzione che presto il dio Kas si sarebbe rivelato a loro. Sike, quella riconoscenza, se l'era guadagnata con la forza e l’astuzia; il potere che gli aveva dato la sua nuova posizione gli piaceva, ma per poter continuare a mantenere quell'incarico di prestigio, doveva garantirsi il beneplacito e la fiducia del Guardiano del Regno. Uka gli aveva affidato una missione: consegnare il maghetto protetto da Fida, al Palazzo di Giustizia di Si; e da quando una denuncia anonima gli aveva indicato la presenza del fanciullo in una casa di tolleranza a ridosso delle mura, il suo obiettivo gli era stato subito chiaro: catturarlo! Sul far della sera, il Bargello, scortato da una guardia del regno, uscì dalla fortezza; il coprifuoco, che lui stesso aveva imposto, sarebbe scattato da lì a qualche minuto, preceduto dall’ormai consueto vespro segnale delle campane del tempio. La sua destinazione era quella della soffiata. Le strade erano illuminate solo dalle tenui luci che filtravano dall’interno delle case mentre qua e là, lungo il vicolo che costeggiava la cinta muraria, fumavano pigramente i camini delle armerie: quelle officine, erano le uniche attività a cui Sike aveva dato il benestare di esercitare dopo il tramonto. La casa di tolleranza si trovava all’interno di un palazzo antico, situato al termine di un vicolo nei pressi della Porta di Levante. I due uomini, giunti a destinazione, aprirono il portone di un androne illuminato a giorno dalle torce accese lungo le scale. Sike restò affascinato e incuriosito dalle pareti dello stabile: c’erano dipinti raffiguranti donne discinte e il soffitto era decorato con stucchi e marmi.
“Avete fatto dei controlli?”
“Certo, alcuni agenti si sono finti clienti… Pare che oltre a essere un bordello, sia anche il luogo di ritrovo per gli svadhisthani che giungono in città. Esiste anche un segnale segreto… Per eludere il coprifuoco”, rispose la guardia con un ghigno beffardo, e senza attendere oltre, bussò in modo ritmato per cinque volte alla porta: che si aprì.
Tra lo sfarfallio di pizzi, camicette sbottonate e velate tuniche di seta, una voce musicale con una dolce cadenza gli andò incontro:
“Viandanti, se siete qua in questi giorni tristi, e la porta vi è stata aperta, è perché avete bisogno di Bice e le sue sorelle, che sono la migliore compagnia che potete trovare in città. Oggi c’è Sona, oppure la conturbante Lura, che è tanto abile… Io sono Bice, voi bravi uomini?”, domandò la donna allungando la mano.
“Sike il Bargello”, e senza aggiungere altro l’uomo tirò un ceffone dritto sul volto della madama, che cadde rovinosamente sul pavimento.
La guardia, in un primo momento aiutò Bice a rialzarsi, poi si rivolse con tono minaccioso alle sorelle, rimaste pietrificate davanti all’inaspettata violenza:
“Donne! Entrate nelle vostre stanze e non vi sarà fatto nulla”, le ragazze intimorite ubbidirono.
Bice tenendosi la guancia dolorante, cercò coraggiosamente di trattenere le lacrime. La donna rivolse lo sguardo alla statua raffigurante Kundalini Kama situata nell’atrio della casa, e con un filo di voce mormorò:
“Questo è un luogo di culto… L’amore all'interno del luogo di culto è segno inconfondibile della devozione al nostro dio della fecondità.”
“Ama e fa ciò che vuoi… Giusto? Si dice così? Svadhi, stammi a sentire, sono qui per il ragazzino che nascondi!” Disse Sike guardandosi in giro come per ispezionare la casa.
“Quale ragazzino? In questo posto ci sono solo devote…” Rispose Bice.
“A me non importa niente, di questa tua alcova d’amore libero che chiami luogo di culto. Dove è il ragazzino?”, disse Sike afferrandola energicamente per il collo, e sollevandola di alcuni centimetri da terra. Quando il viso di Bice divenne violaceo, Sike mollò la presa.
Si sentì bussare alla porta, la guardia diede un rapido sguardo al Bargello e capì al volo che avrebbe dovuto controllare chi fosse.
“Giovanotto… Non è serata, tornatene a casa”, disse il soldato aprendo di qualche centimetro l’uscio.
“Buonuomo, fatemi entrare: vengo da molto lontano. Sono un devoto a nostro signore Kundalini Kama… Cerco una pia donna, di nome Bice… La conoscete?”, rispose il giovane, ancora sul pianerottolo cercando di guardare oltre la figura della guardia.
“Aiuto! Aiuto, vi prego aiutatemi!” Gridò a pieni polmoni Bice, che anche in quella occasione fu zittita da un potente manrovescio del Bargello.
Lo svadhi, con una spallata aprì la porta e si trovò di fronte alla guardia del regno, e poco più in là, vide gettata a terra la donna, immobilizzata da un piede sul collo.
“Non so cosa sta succedendo, ma vi consiglio di lasciarla andare”, disse il giovane, brandendo un pugnale contro i due uomini.
La guardia squadrò lo svadhi dalla testa ai piedi, rise, si rivolse al Bargello e commentò:
“Mio Signore ha fegato questo fiorellino a puntare un coltello contro una guardia del regno, ma ora lo deve anche saper usare… Mio dolce bocciolo di loto, fatti sotto”, concluse l’uomo estraendo un lungo pugnale.
I due si studiarono per alcuni secondi, scambiandosi a vuoto una decina di fendenti.
“Posso sapere chi ho l’onore di sbudellare questa sera?”, chiese ridendo l’armigero, tenendo a debita distanza il suo duellante, che si rivelò più agile e scaltro di quanto pensasse.
“Vaila, mi chiamo Vaila”, rispose lo svadhi, saltando rapidamente sopra un divano posto al centro della stanza e piombando dall’alto sulla guardia, che urlò dal dolore per le pugnalate ricevute in successione, al viso, alle braccia e alla schiena.
Sike visto il suo uomo in difficoltà, mollò la donna, e si scagliò contro Vaila; lo colpì con un calcio che lo scaraventò a terra, poi lo investì selvaggiamente e ripetutamente con una violenta scarica di pugni al volto.
“Ti ammazzo con queste mie mani! In piedi bastardo”, gridò Sike sollevando Vaila da terra, che se pur con il viso tumefatto reagì colpendolo con una ginocchiata allo stomaco.
Bice approfittò della situazione, e si diresse verso la stanza dove ormai da giorni dava rifugio al fanciullo di Fida. La donna bussò a tutte le porte, urlando alle ragazze di mettersi in salvo.
“Forza andiamo… Muoviti, dobbiamo scappare”, disse Bice al fanciullo tirandolo per un braccio.
Sike, con il sangue agli occhi per il colpo incassato, percosse lo svadhi con più rabbia di prima, ma Vaila stoicamente reagì: parò tutte le botte e rispose a sua volta. Sike raccolse la lama della guardia e aggredì il ragazzo, quando stava per assestare il colpo mortale un’intensa luce lo accecò illuminando tutta la stanza, mentre gli oggetti, cominciarono a girare vorticosamente sospesi in aria. Il maghetto, in piedi davanti all’uscio, con le braccia sollevate al soffitto e la testa rivolta indietro, fece un incantesimo che coprì la fuga delle ragazze. Quando le cose si fermarono, crollarono rovinosamente sul pavimento; in mezzo al disordine di cocci di porcellana, vetri, mobili, sedie, quadri, statue e suppellettili vari, Bice cercò di trascinare via il fanciullo, ma una mano le afferrò la caviglia e la riportò all’interno della casa. La donna cadendo, sbatté violentemente la testa ferendosi; la guardia rediviva, ma in un lago di sangue, cercò di pugnalarla al petto, però l’uomo barcollando le franò addosso spirando.
Il fanciullo aiutò Bice a liberarsi del pesante corpo, ma Sike l’afferrò di peso.
“Ora è proprio finita, lo svadhi è sistemato e questo streghetto viene via con me. Come avevo pianificato, stanno arrivando le mie guardie per fare chiudere questo bordello. Dispiace per il mio collaboratore era un bravo soldato… Vorrà dire che mozzeremo qualche testa, cominciando dalla tua... Donna”, disse Sike ansimando.
“Non penso proprio… Fatti sotto”, proferì Vaila reggendosi a stento in piedi, premendo una mano sulla spalla bagnata di sangue e nell’altra impugnando il suo coltello.
“Ragazzo, ragazzo, lo devo ammettere hai proprio del gran coraggio… Da quello che ho capito sei qua per questa vecchia meretrice. Prendila e vattene, io ho già quello che voglio. Mi sembra uno scambio equo”, non fece in tempo ad aggiungere altro che Vaila svenne.
Bice disperata e sanguinante, supplicò in ginocchio il Bargello di lasciare andare il fanciullo, ma questi lo strinse fortissimo a sé tanto che il ragazzino emise un rantolo di dolore.
“Allora uccidimi adesso! Non aspettare il boia”, singhiozzò la donna, che sgranando gli occhi umidi si accorse della presenza di un’amazzone, che le fece cenno di far silenzio.
L’amazzone si mosse con passo felpato all’interno della stanza, arrivò alle spalle di Sike e con fulminea rapidità gli tagliò la gola.
Il Bargello si afflosciò al suolo mollando il maghetto, che corse tra le braccia della donna.
“Tranquilli, mi chiamo Sama e sono un amica, mi manda Fida, sta bene e vi aspetta al tempio. Presto, dobbiamo andare, coraggio prima che le guardie reali arrivino”, disse Sama aiutando Bice a rialzarsi, domandandole se stesse bene.
“Si sto bene, la ferita è solo un graffio. Grazie! Sei la nostra salvezza, ma portiamo via anche lui”, ribatte Bice indicando il povero Vaila, agonizzante al suolo.
Sama si chinò sul giovane e sentenziò:
“Ha perso molto sangue… Dubito che arrivi al tempio vivo.”
“Sentimi bene, quello svadhi ha lottato come una tigre questa sera e merita una possibilità. Non so se è un diarca, un fiore di loto o un semplice fedele del nostro dio Kundalini Kama, ma so che mi cercava, era qua per me e io devo provare…” Disse Bice che cercò di sollevare Vaila.
“Va bene, lascia ci penso io. Ora però veloci, andiamocene”, rispose Sama caricandosi in spalla il valoroso giovane e correndo giù per le scale, seguita da Bice e dal fanciullo.
Continua…
Selenya: Le sei Ombre della Luna
Le Sei ombre della Luna - immagine di @armandosodano
di @mirkon86
di @coccodema
di @gianluccio
di @acquarius30
@kork75
@imcesca
La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro
Cap. 5: L’ultimo giorno di luna…
Cap. 6: La transizione
Cap. 7: Al tempio
Cap. 8: La pergamena
Cap. 9: Il segugio
interessante....lascia all'immaginazione di chi legge vari e potenziali scenari...
Grazie... Per aver lasciato in commento positivo 😉. Saluti kork75 👍
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