Mi limito di seguito a cucire alcune parti del discorso che l'antropologo Jonathan Friedman svolge nel paragrafo “Configurazione di classe e politicamente corretto” del suo “Politicamente corretto, il conformismo morale come regime”.
Friedman sostiene che la formazione delle élite cosmopolite è la fonte del discorso politicamente corretto. Oggi ci si trova dinanzi a un’opposizione orizzontale, nella forma di una frammentazione culturale, e un’opposizione verticale, nella forma di una crescente polarizzazione di classe. Ciò si traduce in una cosmopolitizzazione delle élite e in una “indigenizzazione” della classe lavoratrice in declino. Il processo di trasformazione è complesso, e include un’inversione ideologica in cui i valori una volta associati allo spettro liberale-di destra sono adottati dalla sinistra, mentre i suoi ideali di un tempo, come il nazionalismo, la sovranità, il collettivismo sono ri-disegnati come reazionari. Ne consegue uno spostamento dell’attenzione dalla classe alla cultura, in cui l’operaio di una volta è sostituito dal migrante.
Coloro che si identificano come progressisti diventano una nuova élite dominante il cui il nemico principale è ormai la classe operaia, dopo essere stata smantellata e dispersa durante il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro iniziato negli anni ’80. Classe operaia sempre più indigenizzata, preoccupata com’è da una globalizzazione che trasferisce il lavoro all’estero e inonda i loro quartieri di immigrati, che rappresentano tanto una forza lavoro a basso costo quanto dei beneficiari del welfare. Questa è la nuova “classe pericolosa”, i nuovi razzisti da risocializzare e socialmente emarginati. Sfortunatamente per i nuovi progressisti, si tratta di una popolazione consistente e lo spostamento verso i partiti nazionalisti in Europa ha recentemente gettato l’establishment a dir poco nel panico.
È interessante considerare l’inversione di prospettiva con cui un’élite in precedenza nazionalista, e che poteva vedere “il popolo” come un variegato miscuglio di culture locali, oggi si identifica invece come ibrida/multicurale e consideri “il popolo” come un insieme di pericolosi puristi.Il quadro di riferimento emergente entro cui il politicamente corretto si dispiega è la transizione dallo Stato-nazione alla nuova società plurale, una variante della precedente società coloniale, in cui la classe dirigente è di origine straniera, o per lo meno si identifica come appartenente al mondo.
Un discorso questo, talmente invadente da aver raggiunto anche gli sceneggiati popolari. Del resto il popolo va educato alle nuove disposizioni delle classi dominanti. Mi riferisco alla fiction su Leonardo andata ieri in onda su Rai 1: il Leonardo artista innovatore completamente scomparso dalla sciena. Niente sulla sua idea d'arte. Molto invece sulla sua vita privata ovviamente raccontata in chiave politicamente corretta, tra baci omosessuali (così è contenta la lobby Lgbt) e l'eroina donna, tale Caterina da Cremona (così è contenta la lobby femminista).
Un Leonardo nomade, sia dal punto di vista spirituale che dal punto di vista fisico. Un Leonardo però castrato del suo genio. Così siamo invitati ad essere anche noi: nomadi dell'anima e migranti in Terra. Ma le nostre aspirazioni?
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