Scoperta lumaca "ad energia solare"!

in #ita6 years ago

Vive sulle coste americane dell'Oceano Atlantico settentrionale, può raggiungere i 5 centimetri di lunghezza e trae il suo sostentamento dalla fotosintesi, esattamente come una pianta o un'alga marina.

Si tratta di una lumaca di mare, Elysia chlorotica, un piccolo animale in grado di sopravvivere per mesi sfruttando gli organelli in cui avviene la fotosintesi, i plastidi (più noti nelle piante come cloroplasti), sottraendoli alle alghe di cui si nutre e convertendo da sé l'energia del sole in molecole utili alla vita.

Grazie allo studio della Rutgers University, si è scoperto infatti che questo tipo di lumaca possiede la capacità di produrre le proteine necessarie per il funzionamento dei plastidi, proprio come farebbe un'alga, una pianta o un altro organismo fotosintetico.

Sul perché succeda, i ricercatori hanno ipotizzato che una volta in contatto con i plastidi dell’alga, le cellule dell’apparato digestivo dell’Elysia chlorotica inizino un processo di adattamento che spinge l’organismo a riconoscere gli organelli come parte di sé stesso (e quindi ne impedisce la distruzione o la digestione), per poi stabilire una simbiosi con i plastidi rubati che culmina con la produzione delle proteine necessarie al loro funzionamento.

È ancora presto per considerare risolto il mistero di questo processo di adattamento, ma la somiglianza del fenomeno da loro studiato con quanto avviene in un’altra specie simbiotica come il corallo rende l’ipotesi altamente credibile.

Studiare a fondo questi processi potrebbe però avere risvolti rivoluzionari in campo tecnologico.

Secondo Debashish Bhattacharya, biologo dello studio della Rutgers University, le conseguenze più rilevanti si avrebbero nel campo della fotosintesi artificiale. Se capissimo esattamente in che modo queste lumache riescono a fissare l’anidride carbonica utilizzando dei plastidi rubati e facendoli funzionare al di fuori del nucleo delle alghe, allora anche noi potremmo forse un giorno raccogliere plastidi isolati e utilizzarli come ‘motori verdi’ con cui produrre energia e materia organica.

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