Come si fa ad unire arte, sensualità e teologia? Io non so lo, però dovreste chiederlo a Paolo Sorrentino.
Preciso subito che questo articolo non sarà una recensione. Non credevo che questa serie potesse appassionarmi così tanto, prima di tutto perché quasi nessuna serie mi appassiona e secondariamente perché parla di chiesa e io sono ateo da quando avevo tredici anni.
Questo articolo sarà un’analisi poco dettagliata delle caratteristiche che, secondo me, rendono questa serie una piccola perla e ciò vi farà capire il perchè sarò costretto a comprare i dvd.
Allora prima di tutto voglio sviscerare velocemente le caratteristiche qualità che rendono un’opera di Sorrentino tanto affascinante: i personaggi e i dialoghi sempre ben scritti, ben costruiti e complessi, ma soprattutto hanno il giusto ritmo, nessuno parla se non c’è bisogno di parlare, ogni personaggio si prende il suo tempo e la vicenda si muove sinuosa tra presente e passato svelando la storia lentamente, proprio come ci si approccia ad un primo bacio.
La regia è elegante, elaborata e vibrante, la camera non si ferma mai, sempre in movimento tra ambienti surreali e bellissimi.
Ma questo di Sorrentino già si sapeva, allora, cosa rende questa serie ancora più affascinante?
Direi tre caratteristiche:
La contraddizione: questo tema mi affascina molto e allo stesso tempo mi fa arrabbiare, ma il regista lo tratta con dolcezza, con comprensione, ogni personaggio è in contraddizione con se stesso, in contraddizione con gli altri e in contraddizione con l’ambiente. Prendiamo come esempio quest’ultimo aspetto. Ci troviamo in Vaticano, sono tutti preti, dovrebbero essere le persone più rette del pianeta eppure guardando la serie sembrano tutti meschini, vigliacchi e lussuriosi. Ogni cosa che si vede è estremamente estetica e tende alla perfezione divina, ma guardando la serie sembra che tutto sia perverso. Insomma è un’altalena tra bei vestiti e nudità, opere d’arte e vizi, sacro e profano. Un perfetto equilibrio che permette allo spettatore di immedesimarsi con i protagonisti, perché sono esseri umani come tutti noi; anche se immersi in un ambiente idilliaco.
La scelta delle inquadrature: in questa serie più che mai Sorrentino ci offre una lezione di grazia, bilanciando ogni frame come fosse un quadro, ma fa anche di più, fa in modo che la sua arte abbia anche un senso narrativo. Spesso oggetti di scena messi in sottofondo hanno un ruolo nella vicenda o una simbologia per caratterizzare un personaggio. Se tutto gira intorno ad un dialogo la macchina da presa gira attorno al protagonista, se il narratore è moralmente più elevato sta sempre in primo piano, se sullo sfondo c’è un’opera d’arte ha a che fare con la discussione in quel momento. Emblematica la messa in scena de La Pietà di Michelangelo.
La speranza: allora, come ho detto ad inizio articolo io sono ateo, eppure la dolcezza con cui si tratta la speranza di una vita dopo la morte è così commovente da avermi fatto dubitare. Questa serie non è affatto una lode a Dio o alla chiesa, anzi, se mai è il contrario, eppure infonde in ogni spettatore una sorta di mistero. Tutta questa bellezza mista alla filosofia, le candide parole e la serenità ti fanno vivere in un mondo che non è reale, ma dove tutto può succedere e se tutto può succedere, possono accedere anche i miracoli. Lasciate quindi navigare la nave della fantasia, condotta nel mare profumato della speranza, guidata dal capitano Paolo Sorrentino e immergetevi in The New Pope. Una serie fatta di grazia (in ogni senso) e vedrete che la vostra fede aumenterà, almeno per quanto riguarda il cinema.
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