Immaginate un viaggio:
Oltre la terra, superando l’atmosfera, lasciandosi alle spalle Marte, Giove e poi tutti i pianeti del sistema solare con i loro satelliti, oltrepassando la via lattea e infine tutte le galassie con la loro moltitudine di gente e di culture.
Forse non lo sapete, ma vi ritrovereste di fronte ad una una lunga, anzi, infinita parete. Nera, invalicabile. Almeno per le leggi della fisica. Ma con un minimo di immaginazione è possibile aprire un piccolo squarcio e guardarvici dentro. Se un giorno vi capitasse tale occasione, notereste un universo esattamente uguale al nostro, se non fosse per un’unica differenza: Gli esseri umani che vi ci vivono sono immortali.
Esatto. Non hanno ali, o chissà quale stranezza associata allo stereotipo di immortale.
Sono esattamente umani come lo sono io, o come lo siete voi. Sono capaci di provare amore, odio, sono capaci di ridere, piangere, fare i calcoli matematici, o dipingere quadri surrealisti, se non per il fatto che non muoiono.
Sembrerebbe un mondo perfetto, no? In effetti lo è. Almeno per loro. Ma la storia che vi sto per narrare, non narra di “loro”. Bensì di un ometto, basso, tarchiato, un impiegato di banca qualunque, che da giorni, pare, continui a schiacciare i tasti del suo anonimo pc ininterrottamente, come fosse un automa.
Vani erano stati i tentativi di farlo ritornare dal suo stato di trance. Lui continuava imperterrito.
Al che io mi rivolgo a te, caro lettore: Cosa sarà successo al personaggio? Come ha fatto a ridursi in questo modo?
Ripercorriamo la sua vita a ritroso, come se arrotolassimo una matassa temporale.
Sin dai tempi antichi, quando la pietra era l’unico strumento su e con cui scrivere notti intere, al lume di candela, nella sua stanza polverosa, a far scorrere il pennino lungo la carta. I personaggi non erano solo frutto della sua immaginazione, erano lui stesso. Conosceva i loro pensieri più intimi, le loro passioni, le loro paure più recondite. E intanto si sbizzarriva, a creare personaggi sempre più disparati, infiniti personaggi, creò persino un personaggio uguale a te, caro lettore, che spii dal pertugio della parete e persino a me che sto scrivendo questa breve storia.
Fino a che, una mattina, concluse il suo ultimo racconto. Parlava proprio di un ometto, basso, tarchiato, un impiegato di banca qualunque che ticchettava sul suo anonimo PC. Inesorabilmente.
Ora che aveva vissuto tutte le vite possibili, poteva finalmente morire veramente. La più grande esperienza che un immortale può fare.